Viaggi e scritture di viaggio | lunedì 12 settembre 2011

Nicola Campanelli

Cuba

Non appena si arriva a Cuba, mentre si è ancora in aeroporto, non si può evitare la fila interminabile presso uno degli sportelli di cambio valuta. In tutta l'isola, infatti, è pressocché impossibile incontrare qualcuno che accetti un pagamento con carta di credito e quindi, prima di ogni altra cosa, bisogna procurarsi denaro contante. Se quest'attesa, che segue il lungo viaggio nonché l'ulteriore coda agli sportelli per il visto, rende faticoso l’arrivo, ci si può sempre consolare pensando che in un Paese tormentato per secoli da guerre e rivoluzioni (e oggi afflitto da numerosi problemi) nessuna speculazione è consentita. Se i cubani acquistano ogni cosa con i pesos locali, i turisti cambiano le proprie valute con cuc, ossia pesos convertibili, il cui valore è equiparato ai dollari statunitensi. Ecco perché, pur trattandosi di un Paese relativamente economico, non bisogna commettere l'errore di credere che bastino pochi spiccioli per una vacanza da nababbi. Il lusso costa caro anche a Cuba.
Una volta preso un taxi ─ rigorosamente ufficiale ─ per arrivare all'Habana, la prima cosa che colpisce durante il tragitto, è la rigogliosa vegetazione che, benché non sia curata, ricorda subito che ci si trova ai Tropici.
Durante il percorso per giungere in città è probabile che sia il reguetón ─ una sorta di musica raggae popolare tra i giovani del latinoamerica ─ a fare da colonna sonora al viaggio in macchina e non la tanto attesa salsa cubana. Coloro che credono che a Cuba tutti vivano tra un passo di salsa e l'altro, resteranno sorpresi nello scoprire che la salsa è più un intrattenimento per turisti che la musica maggiormente ascoltata dai locali.
Il vero shock, comunque, lo si riceve quando si arriva nella capitale. L'Habana è una città sporca, povera, con i palazzi che si reggono miracolosamente in piedi e con le strade fangose e maleodoranti, eppure, malgrado ciò, bellissima. Una città incantevole, calda, sensuale, con un ché di animalesco.
La gente, lo si capisce da mille indizi, vive di poco ed è sempre quasi svestita a causa del caldo umido che soffoca. La conturbante vista di corpi forti, color miele di castagno, è quasi imbarazzante. ‎Camminando per le strade dell'Habana, se non fosse per un giusto senso di pudore e per il dovuto rispetto ai suoi abitanti, verrebbe voglia di fotografare in continuazione volti e luoghi che catturano letteralmente l'attenzione.
Chi sembra non provare il minimo imbarazzo per atteggiamenti più che audaci, sono proprio gli uomini del posto che, al passaggio di una qualsiasi ragazza straniera, non esitano a rivolgere sguardi insistenti e carichi di malizia, se non addirittura frasi e promesse di un improbabile amore...
Diffidare dei cubani, per quanto sia triste dirlo, è una regola alla quale nessuno dovrebbe sottrarsi. Ogni loro parola, ogni loro azione, è quasi sempre volta a ottenere qualcosa in cambio.
La più amara delusione per chi spera di conoscere a fondo i cubani ed entrare con loro in contatto, è proprio questo modo, quasi istintivo, di relazionarsi agli stranieri. Non più un modo per sopravvivere alla loro condizione di miseria, ma un atteggiamento così radicato da non potere farne a meno. Se l'eccezione alla regola esiste, sarebbe da ingenui pensare di essere stati proprio noi i fortunati ad aver incontrato un uomo o una donna disinteressati.
L'Habana vieja è sicuramente la parte della città meglio conservata. Sono molti i bar dove è possibile bere mojitos ─ cocktail preparati con menta, zucchero, lime, e rum (da non perdere la "bodeguita del medio" famosa per Hemingway) ─ tutti con il sottofondo di piccole orchestrine che si esibiscono in famosi brani di rumba e di salsa, nonché i mercatini per turisti dove si possono trovare prodotti di un artigianato locale, non troppo originale.
Il Vedado, invece, è il quartiere residenziale. Ci sono università e case più curate, ma l'atmosfera che si respira è di sicuro meno suggestiva.
La parte più autentica e caratteristica della capitale cubana è il centro Habana. La comprensibile diffidenza a camminare per le sue stradine, molto meno frequentate dai viaggiatori, può essere facilmente superata con la consapevolezza che sono poco probabili episodi di violenza e scippi ai danni dei turisti. Non solo Cuba è uno "stato di polizia", ma gli stranieri costituiscono la principale fonte di guadagno del Paese. Dunque non c'è nulla da temere, vi si può passeggiare senza pensieri.
Una volta vinta la ritrosia, si godrà di un impareggiabile spaccato della vita degli abitanti del luogo. Li si può vedere intenti a riparare una delle vecchie automobili americane anni '50 che ancora circolano numerose, oppure li si può incontrare riuniti in capannelli a bere rum a qualsiasi ora del giorno e della notte. Si possono vedere bambini che corrono scalzi rincorrendo magari qualche animale che circola liberamente per strada, oppure giovani uomini che tirano carretti col pane, o che trasportano ogni genere di cose su vecchie biciclette improvvisate.
Per mangiare, chi alloggia in una casa particular, può tranquillamente affidarsi a ciò che gli viene proposto. Sia la colazione che la cena, infatti, sono ricche e abbondantissime.
C'è sempre una gran varietà di frutta; e la cena, sia che si scelga il pesce che la carne, è sempre accompagnata da riso e fagiolini.
Per scegliere i ristoranti, invece, è senz'altro meglio affidarsi alle guide. All'Habana si può cenare nel palazzo dove Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabío girarono il pluripremiato film Fresa y chocolate. I prezzi sono di gran lunga più cari della media, ma il piacere di cenarvi è impareggiabile.
I più temerari, invece, hanno l'imbarazzo della scelta. Quasi ogni finestra e ogni portoncino sulla strada nascondono al loro interno tavole con su esposte specialità locali che vengono vendute ai passanti per pochi centesimi. In tal caso, è meglio non far caso all'igiene e chiudere entrambi gli occhi...
Poco lontano dall'Habana ci sono le spiagge "cittadine" (playa del este ─ spiaggia dell'est), piuttosto affollate e lontane dai paradisi caraibici costituiti dai numerosi isolotti (i famosi cayos), ma dove è comunque possibile rinfrescarsi in un mare pulito e facilmente raggiungibile. Qui è più probabile essere circondati da cubani in cerca di avventure non del tutto disinteressate.

Una volta visitata l'Habana, il viaggio può proseguire ad ovest, verso la regione Pinar Del Rio. A Viñales, in particolare, si può godere di una vasta gamma di esperienze. Il paesino è costituito da un paio di strade che si incrociano e dalla piazza resa suggestiva dall'antica e malridotta chiesa. Rispetto alla capitale colpiscono l'autenticità dello stile coloniale e la tranquillità del posto e dei suoi abitanti.
Imperdibile è la camminata a cavallo per i campi di tabacco. Chi ha il vantaggio di conoscere la lingua, potrà apprendere moltissimo... I campesinos, per esempio, devono dare al governo il 90% del loro raccolto, con il quale vengono prodotti i pregiati sigari cubani, e possono disporre liberamente soltanto del restante 10%. I più maliziosi potrebbero pensare che simile disposizione è facile da eludere, ma non è così. Gli asfissianti controlli non consentono furberie all'italiana.
Nei campi si può assistere alla preparazione di un sigaro puro, le cui foglie, dopo essere state arrotolate, verranno sigillate col miele, e si potrà fumare davanti a un secador (le capanne in cui vengono fatte seccare le foglie della pianta da tabacco) gustando direttamente da un cocco un ottimo aperitivo fatto con miele, rum e latte di cocco.
Lo spettacolo più sensazionale, anche in questo caso, lo offre la natura. Intere vallate verdi, palmeti e sconfinate piantagioni di tabacco lasciano senza fiato i privilegiati viaggiatori che sceglieranno queste mete indimenticabili.
Sempre da Viñales, si possono prendere pullman per trascorrere l'intera giornata a Cayo Levisa o a Cayo Jutias.
Spiaggie bianche, palme cariche di cocchi e mare cristallino senza eguali. Conchiglie dalle forme e grandezze più diverse e granchi che corrono tra la fitta vegetazione di mangrovie, alberi che affondano le proprie radici nell’acqua del mare.
Se non dovessero bastare queste attrattive, c'è sempre la possibilità di visitare la Cueva di San Tomàs, la seconda grotta più grande di tutto il Sud America.
Equipaggiati di un abbigliamento adeguato, di un pizzico di coraggio e accompagnati da una guida esperta, potrete addentrarvi in una fredda e buia roccia carsica che vi svelerà ancora una volta la grandezza della natura... L'acqua che penetra nella roccia viene asciugata dalle correnti di vento che penetrano tra le fessure e gli squarci naturali delle pareti della montagna. In questo modo il calcare che si deposita sull'estremità di multiformi coni allungati, strato su strato, dà vita a stalattiti e stalagmiti, simili alle guglie di Notre Dame.

Una volta esaurito il soggiorno a Viñales, ci si può dirigere verso Cienfuegos, capoluogo dell'omonima provincia e da molti considerata ─ in modo un po' azzardato ─ la Parigi di Cuba.
A bordo di uno dei pullman per turisti, durante il tragitto, avrete modo di godere della vista della fitta vegetazione tropicale che continuerà a lasciarvi senza fiato.
Bisogna precisare, però, che negli efficienti bus che vi condurranno da una località all'altra dell'isola, non sono ammessi cubani. Sebbene le cose stiano lentamente cambiando, sono ancora molte le restrizioni e i divieti che impediscono ai cubani di vivere liberamente. Anche lì dove non esiste un effettivo diniego, i prezzi per accedere ad alcuni servizi sono assolutamente proibitivi per le loro tasche.
Per questo motivo, molto spesso, durante gli spostamenti più lunghi si incrociano camion che trasportano una quantità inverosimile di passeggeri. I loro corpi prorompenti di vitalità ammassati e stretti l'uno contro l'altro, come deportati ai campi di concentramento. Solo i volti sorridenti, i colori vivaci dei loro vestiti e dei paesaggi tutto intorno, rendono più sopportabile la vista di questi carri.
Di fronte a tutto ciò è inevitabile provare una tristezza mista, però, all'imbarazzo per una misteriosa forza d’attrazione che cattura lo sguardo e imprime nella memoria quelle immagini terribili e seducenti nello stesso tempo.

Arrivati a Cienfuegos, si potranno subito apprezzare le case in puro stile coloniale del paseo del Prado. La città, sebbene non abbia neanche lontanamente le atmosfere che si respirano all'Habana, offre ai turisti la possibilità di trascorrere una piacevole giornata tra i monumenti del luogo.
Dall’Arco de Triunfo si arriva nel Parque José Martì dove si trovano tutti gli edifici e i monumenti da visitare: il Teatro Tomas Terry, inaugurato nel 1895 con una rappresentazione dell’Aida di Verdi, l’edificio neoclassico del Colegio de San Lorenzo, costruito per garantire l’istruzione ai bambini bisognosi della città, la Catedral de la Purisima Concepción con due torri e con vetrate raffiguranti gli apostoli.
Immancabile una lunga passeggiata lungo il Malecon, il lungomare che conduce a Punta Gorda, che pur senza avere le stesse caratteristiche intriganti del lungomare dell’Habana, offre pur sempre una gradevole vista della baia.
Al posto delle forti seduzioni della capitale, Cienfuegos è, piuttosto, avvolta in un dolce e contagioso languore.

Da Cienfuegos, dirigersi verso Trinidad, è quasi un obbligo.
Un importante avvertimento è quello di fare, il giorno stesso in cui si arriva nella destinazione prescelta, il biglietto per la prossima meta. Non sarebbe una cosa strana, infatti, se vi dicessero che non c'è più posto sul pullman che dovreste prendere, o che non c'è il personale per farvi il biglietto, senza che nessuno sappia dirvi il perché né quando tornerà tutto alla "normalità".
Il film di Juan Carlos Tabío lista de espera (lista d'attesa, dal racconto di Arturo Arango ), in cui i passeggeri, che sono sottoposti ad una interminabile attesa perchè gli autobus arrivano tutti pieni, devono aspettare che venga riparato il mezzo che a giorni alterni va ad est o ad ovest, non è fantasia.
Fatta questa dovuta precisazione, arriviamo a Trinidad nella provincia centrale di Sancti Spíritus.
Il centro storico non deluderà le aspettative di coloro che sono ancora in attesa di trovare il più caratteristico villaggio caraibico.
Le stradine colorate, la Plaza Mayor con la chiesa di San Francisco de Asis e le montagne verdi sullo sfondo, le balaustre di legno lungo i balconi delle antiche case coloniali, i caratteristici ristorantini, la scalinata dove ci si intrattiene sino a tarda notte sulle note della salsa cubana, rendono Trinidad una delle mete preferite dai turisti.
Condividendo un taxi con qualche altro turista, con pochi cuc si può raggiungere facilmente la playa d'Ancon. Niente di speciale, ma pur sempre un modo per trovare un po' di refrigerio nelle calde giornate cubane. Sicuramente più alletante una visita a cayo blanco (isolotto poco distante dalla spiaggia).
Da Trinidad è anche possibile raggiungere le cascate oppure la Valle di San Luis, vicina alla città, o la Valle de los Ingenios dove è rimasta traccia delle fabbriche di zucchero e dei barracones, gli edifici dove venivano ammucchiati i negri rapiti in Africa.
Nota stonata è la massiccia presenza di turisti che ha trasformato lo spirito della gente del luogo, che in ogni momento si avvicina chiedendo vestiti, monete o cercando di convincere i passanti a cenare nei diversi ristoranti per turisti.

Per ritornare all'Habana, avendo ancora qualche giorno a disposizione, si può fare un veloce salto a Santa Clara per vedere il Mausoleo del Che, e poi proseguire per Remedios, sulla costa Nord.
Il Mausoleo non è esattamente ciò che ci si attenderebbe. Andarci è più una forma di rispetto al mito del Comandante, che una cosa da non perdere. Oltre a qualche cartolina e qualche foto di Che Guevara, non si potrà trovare.

Arrivati a Remedios, si respirerà un poco l'aria che avevamo lasciato a Viñales. Sebbene sia ben più grande di Viñales, anche Remedios è un piccolo paese con poche strade disposte a scacchiera ed una piazza dove la sera si radunano i cittadini e i pochi turisti di passaggio.
Un po' come nella provincia italiana, infatti, anche lì dopo cena ci si riunisce tutti nella piazza del paese. I numerosi anziani si siedono sulle panchine ad osservare l'andirivieni dei passanti, gli uomini si riuniscono a bere e fumare, e le signore parlano tra di loro. Colpisce il fatto che tutti sfoggino le loro mise migliori. I ragazzini indossano magliette con scritte vistose e con sbrilluccichii di tutti i tipi per far colpo sulle coetanee che, dal canto loro, incuranti del calore, calzano alti stivaletti alla moda e pesanti collane dorate.
Dopo aver bevuto un mojito e aver fatto una passeggiata tra le due chiese che impreziosiscono la piazza, si può andare a letto senza lo scrupolo di perdersi qualcosa di speciale.
La vera ragione per fermarsi un paio di giorni a Remedios, sono i cayos che si raggiungono piuttosto agevolmente in auto.
Una importante osservazione merita il fatto per cui nella maggior parte dei cayos si può accedere soltanto previo il pagamento di una sorta di pedaggio ai diversi hotel costruiti proprio su queste bianche spiagge caraibiche. Il che si traduce in un divieto di fatto per i cubani di godere delle proprie isole.
Gli unici cayos ai quali si può arrivare leberamente, senza dover subire limitazioni in tal senso, sono circa tre (il più vicino è cayo las salinas e il più distante, ma anche il più bello, è cayo perla blanca).
Ora, se è difficile da concepire e da accettare l'idea che Cuba sia un'isola a misura di turista e non sia l'isola dei cubani, con un po' di amarezza bisogna anche ammettere, senza ipocrisia, che lì dove i locali possono andare senza problemi, la pulizia e l'ordine lasciano molto a desiderare e in molti casi la loro mentalità, per la quale uno straniero è solo fonte di possibile guadagno, li spinge a essere insistenti se non addirittura molesti.
Pertanto, dopo aver trovato ingiusta e assurda l'idea di una simile limitazione di libertà ─ effettivamente inaccettabile ─ si sentirà di nuovo il bisogno di trovare un po' di tranquillità nelle finte oasi di pace a misura di turista.

Concluso il nostro viaggio, mentre si torna all'Habana per prendere il volo che ci riporterà a casa, dalla poltroncina del nostro bus si potrà godere ancora per l'ultima volta del panorama che scorrerà veloce fuori dal nostro finestrino.

Alla fine, se la paura più grande prima di partire per Cuba era quella di essere colpito dalla povertà, mi rendo conto che la cosa che turba maggiormente è solo la mancanza di libertà di un popolo.
Nonostante l'indigenza, i cubani hanno comunque un sistema che garantisce loro il diritto alla salute e gli altri diritti più elementari, hanno una terra fertile e un clima che rende anche loro solari e vivi. Ciò che non può essere barattato con nessun tipo di altro bene, è la libertà di pensiero e di movimento, ed è questa barbarie che in alcuni momenti mi ha fatto sentire come in uno zoo, dove osservare curioso le malcapitate vittime di una dittatura.
Mentre guardo una donna che stende il bucato sui fili che vanno da un albero all'altro del giardino fuori della sua abitazione improvvisata, non posso evitare di chiedermi se la povertà cui è costretta la condanni a una vita triste e difficile, ma poi, penso che sia pure in contesti diversi, la nostra possibilità di vivere felici non è poi tanto diversa...


Sulla rubrica Viaggi e scritture di viaggio
All’inizio dell’ Odissea è l’invocazione del cantore alla musa affinché narri dell’eroe multiforme che “tanto vagò”, “di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri” e “molti dolori patì sul mare nell’animo suo” (Odissea, I, 1-3). Viaggio e narrazione, viaggio e scrittura, sono qui apparentati, e diventano un unico modo per dire il movimento dell’eroe. Le avventure nello spazio servono a oggettivare e a rendere visibile l’avventura della mente e del cuore. L’iniziale invocazione del poeta trova una sua duplicazione nella reggia di Alcinoo, quando la regina chiede all’eroe di dire chi sia e da quale stirpe discenda. Alla domanda sulla sua identità Odisseo risponde: “Difficile raccontare, o regina, dal principio alla fine”: a ribadire che ogni viaggio è anche un racconto e che ogni racconto è anche il senso dei viaggi che ognuno compie fuori e dentro di sé. L’Odissea è il racconto di un narratore che “racconta come il viaggiatore racconta” (J.-L. Moreau, Odyssées, nel volume collettivo Écrire le voyage, Paris 1994, p. 37). Chi viaggia ha dentro di sé e davanti a sé la propria storia (nel doppio senso dell’accadere e del racconto), come colui che racconta è un vero e proprio viaggiatore nello spazio e nel tempo: “la letteratura non è che un racconto di viaggio. Essa consiste nell’esplorare le possibilità di narrazione…” (J. Roudaut, Encyclopædia Universalis, 1995 - XIX). "I più grandi geni hanno sentito la necessità di viaggiare; hanno compreso che era il miglior modo per perfezionare le proprie conoscenze" (J.-B. de Boyer, marquis d'Argens, Critique du Siècle, ou Lettres sur divers sujets, par l'Auteur des Lettres juives, chez Pierre Paupie, La Haye 1755, t. I, p. 194).

Enzo Cocco