Poesie | sabato 23 luglio 2011

Carlo Di Legge

Una regione dell'emozione

Ti guardano, ti divorano con gli occhi.
Sei catturato negli sguardi,
sei preso nei progetti altrui:
ma tu non fare progetti sugli altri, neanche sui figli,
o, se vuoi, progetta te stesso.

Guardando gli uomini, conosci te stesso.
Li vedi: fanno e dicono cose terribili:
forse nessuna mai ti passò per la mente?
Li vedi: ti guardano. Dunque guàrdati, e vedi.
L’innocenza non è la tua virtù,
e, se lo fosse, le cose cambierebbero?
Forse non conosci qualcuno
dei loro sentimenti malati?
Guarda bene te stesso, allora, e vedrai,
non sei diverso: solo, nel caso migliore,
più attento. E allora continua, ed è tutto.

Sei fiducioso come un agnello mansueto?
Più li fai avvicinare a respirare la tua aria,
a bere la tua acqua, più ti esponi,
più gli dai il tuo spazio, più ti consegni,
e ti fai prendere,
più ti offri, più ti colpiscono.
Ognuno porta una sua intenzione sulle cose,
nessuno può essere uguale a un altro;
c’è chi impone al mondo le proprie differenze –
ma tu sei così forte?
Tra loro diranno ciò che vedono,
ma secondo un’intenzione:
vedranno quel che intendono,
non ciò che tu intendi.
Oppure vedranno bene ciò che intendi,
ma trovano sempre il singolare in te,
un motivo si trova sempre:
le tue differenze le ricercano,
senza guardare le proprie,
sono pronti a punirti e a fartela pagare.
I tuoi pensieri più nobili
saranno per gli altri i più sordidi,
perché gli altri sono l’inferno.
Non compiacerti di te stesso,
non potrete stare insieme
senza sporcarvi un po’ ogni giorno.
Non ti compiacere della compagnia,
se non devi.
E tu guarda te stesso e vedi te stesso:
se vuoi vivere come devi,
comunque convieni con gli altri.
Devi trovare un luogo comune e andarci,
per trovarli e farti trovare dove vogliono.

Non è tutto, ma questa parte pesa.
Non attenderti paradisi con gli altri
ma lavora, come se dovessero venire,
o, se riesci, trovali, o fatti trovare,
e spera il meglio.
Se il tempo ti dona paradisi,
sii pronto a perderli;
lavora per confermarli ma non per possederli,
e, se il tempo li conferma,
serba gratitudine alla vita.
Di quello non voglio parlare adesso,
ma piuttosto preparati al peggio,
all’aggressione violenta e a quella subdola.
Se sai parlare, fallo con accortezza;
per quanto non ci sia attenzione che basti –
perciò il silenzio è d’oro.
Di ciò che dici, ti potrai pentire:
ogni informazione data senza volere
la potranno usare contro di te.
Sappi parlare senza dire di te –
comunque, avrai detto troppo.
Per ogni disponibilità all’ascolto, potrai venir catturato;
sii disponibile ma forse non avrai moneta uguale.

Le storie di ospitalità al primo sguardo
sono eccezioni, non esempi da seguire sempre,
ma va coltivata con cura l’idea dell’occhio
che vede il pellegrino ospite al primo sguardo.
.
Ogni sorriso potrà venire abusato –
sorridi, senza attenderti sorrisi
che non nascondano predatori.
E tu, né tigre né faina,
diverso come ognuno è diverso,
se sai, coltiva in te le bestie necessarie,
per saperle convocare quando occorre.
Se hai qualcosa che agli altri piace,
cercheranno di prendertela, per averla,
o comunque di toglierla a te,
o di fare in modo che tu non l’abbia.
Tesseranno l’insidia senza fine.
Se ti sembra d’essere fortezza sicura,
troveranno varchi per insinuarsi,
vedranno punti deboli da colpire.
I tuoi più forti legami alla vita, gli affetti,
i sensibili genitori, o i bambini,
o la tua donna, o l’uomo,
li attaccheranno, per reciderli,
o, se non possono, per danneggiarli.
Attento alle differenze dagli altri,
attento alle singolarità,
il senso comune ti esamina per trovarle,
ne trova sempre ma non è per comprendere.

Attento ai tuoi averi, di qualunque natura.
Non desiderare quelli d’ altri,
piuttosto ammira, quando è il caso.
Arriveranno a te in ogni momento,
a turbare i pensieri e le azioni:
esercito di démoni dell’invidia e della gelosia,
legioni del risentimento e
della malevolenza,
da trovare e da curare in te stesso.
Accogli, solo se sei capace di espellere;
apri, solo se sai chiudere.
Oppure, difendi all’inizio, e abbraccia, se sei certo.
Ma, in genere, meglio che eviti
lo sconosciuto, come ho detto,
o accogli lo straniero, come nelle storie,
ma non abbassare la guardia.
Se curi lo sguardo, all’occhio esperto
le prime impressioni si rivelano giuste.
Sei vivente relazione,
le fortezze pure, le garanzie inespugnabili
in questo mare sono poche.

Conosci te stesso negli altri,
e gli altri, guardando te stesso;
sappi la somiglianza nella diversità
e il diverso nel simile.
Spera e lavora per il meglio,
sii pronto ad affrontare il peggio,
in questo momento forse lo preparano.
Questa è solo parte di verità?
del resto, adesso non è tempo di parlare,
è tempo di battaglia.


10.7.2011


Su Carlo Di Legge
È stato a lungo in Puglia ma è nato per puro caso a Salerno, poi ha trascorso gli anni a trasferirsi per l’Italia. Serba uno scrigno incantato del passato e inventa cattedrali benevole per l’avvenire. Spera di essere, in questo, come tutti. Negli ultimi tempi dice d’essersi iscritto alla scuola del presente. Scrive di filosofia, di tango e di poesia, è vero, bisogna ammetterlo.

Sulla rubrica Poesie
A volte c’è un bisogno di sospensione. Di densità diversa. Di tempo trasognato. Di spazio poco arredato. Di un posto delle fragole nell’anima. Di silenzi gentili che non sono di solitudine, ma di rade presenze discrete. A volte c’è un bisogno di sorpresa, di lampi improvvisi, accensioni impreviste. C’è un bisogno di respiro irregolare, di battito lento. Di ricerca segreta tra le pieghe del sogno e le unghie della realtà. A volte c’è un bisogno di attesa. Di ricordo. Di sguardo lontano, distante. Di confini indistinti, di profili scontornati, nuovi. A volte c’è un bisogno di poesia. In quest’angolo di rivista se ne trova di nuova, di inedita, di molto famosa, di nascosta, di quella che addolora e di quella che consola. Basta cercare. Basta aver voglia di scoprire parole segrete. Basta trovare un piccolo tempo anche per la poesia.

Sentire il tango argentino. Dieci lettere e una poesia, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2011)
Il candore e il vento, di Carlo Di Legge (Fuori Collana, 2008)