Squarci | domenica 22 maggio 2011

Marco Tartari

La festa

Il fiammifero fumante cade nel posacenere.
Diana rosse, che schifo. Non gliele devo chiedere più a questo. Ma ho voglia di fumare. È da ieri che non tocco una sigaretta.
Il collega apre l'armadietto. Posa pistola e manette. Mi chiama. "Io vado" dice. "A domani." Prima di uscire, mi dà una pacca sulla spalla.
Dalla gola mi scappa un lungo sospiro. Non ho per niente voglia di tornare a casa, ma è il compleanno di Fabio. Devo sforzarmi. Non posso mancare.
Appoggio la testa tra le mani, attento a non bruciarmi con la sigaretta.
Filippo Grimaldi, un altro collega, è fermo sulla soglia dell'ufficio, ma lo noto solo quando mi parla: "Per il ragazzo di piazza Vanvitelli?"
"Eh."
"Ho visto gli altri. Non stanno meglio."
"Gli altri non sono andati sotto al pullman."
La mia risposta lo incuriosisce. Entra e si siede accanto a me. "Che vuol dire?"
"Siamo arrivati lì che c'era pure la madre. Non ti dico..."
"Immagino."
"Il figlio portava sempre una di quelle collanine d'oro che si regalano alle comunioni, sai..." Filippo annuisce. Continuo: "Voleva che gliela riportassimo."
"L'hai presa tu?"
"C'hanno provato due della Mobile e hanno cacciato fuori anche l'anima." Appoggio la sigaretta tra le labbra e gli mostro i dorsi delle mani, macchiati di rosso. "Poi è stato il turno mio. E l'ho trovata."
Filippo sa cosa provo.
Tre mesi fa un vecchio si buttò giù dal quarto piano e finì impalato nella cancellata. Lui era presente mentre lo portavano via. Ogni volta che ne parla, dice che fu come sentire le unghie sulla lavagna e una spugna strizzata nello stesso momento.
"Ma com'è successo?" mi domanda ora. "Cioè, come ha fatto quello a farsi mettere sotto?"
"I suoi amici dicono che l'autista del pullman non ha dato la precedenza. E l'autista dice l'opposto, ci mancherebbe."
"Perché non ti lavi le mani?"
"C'ho provato."
"Non puoi andare mica da tuo figlio così... A proposito, ma quanti anni fa?"
"Diciotto."
Filippo Grimaldi sorride, poi si alza. "Fa gli auguri anche da parte mia. Sempre se si ricorda: è da parecchio che non lo vedo da queste parti."
"Certo che si ricorda."
"Ci vediamo, ispetto'."
Guardo l'orologio. La festa inizia tra un'ora. Ho ancora alcune cose da fare. Prendo la busta appoggiata ai piedi della sedia. Dentro c'è la divisa sporca. Ci penso un po’ su, ma decido di lasciarla dov'è: il sangue puzza, e pure troppo.
Credo sia meglio farmi un'altra doccia prima di ritirare la torta.
Sono tutti al locale. Nessuno si accorgerà di niente.


Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.