Squarci | mercoledì 11 maggio 2011

Francesco Olimpico

Dalla Memoria e dal Tempo. Racconti

Partenze

Gli occhi di mia madre sono lucidi e stanchi. Gli occhi di mia madre sono bagnati da una pellicola d'acqua salata che resta adesa alle palpebre per poi affogare silenziosa nel dolore che le stringe il cuore.
Mia madre inizia ad avere i capelli bianchi e il suo sorriso diviene sempre più lontano e amaro. Il tempo la rende fragile e piccola come una bambina. Dice che sono la sua roccia e io invece divengo fango... dolore e lacrime si impastano imprigionando il vuoto che sento. “Mia madre, la mia bambina” il titolo di un libro... Lascio la bambina che mi ha partorito sull'uscio. Mi guarda mentre mi allontano, silenziosa, avvolta nel suo velo di paure e sogni di madre. Mi allontano, attorniato da mille fantasmi, i pensieri mi travolgono. Oh se fossi qui, mio dolce amore... forse le tue carezze scioglierebbero questo dolore, forse le tue mani rapirebbero dalla mia pelle questa paura.
Mio dolce amore, vorrei fuggire, vorrei correr lontano, senza presente, senza un passato.


***


L'ultima notte

Mi avvicino silenzioso al tuo letto, mi avvicino lentamente come fossi il primo accordo di una musica dolce e lenta che dapprima indugia, si raccoglie e che poi si espande, diffonde, si dirama… e così ora che ti sono vicino nella penombra ti osservo. Ti osservo, lontano da tutti, di nascosto da tutti, sfioro con le dita la tua pelle di seta e le tue labbra morbide e succose. L'indice esita sul solco delle tue labbra, disegna dei piccoli cerchi… lento poi scivola giù, nel vuoto sotto il tuo mento. Bacio a lungo i tuoi occhi chiusi godendo dell'apnea dei tuoi respiri, di nascosto ti bacio lì dove le tue labbra diventano una sola linea sottile.
Raccogli i miei baci in quella piccola fossetta e li conservi, ne avrai cura.
Mi allontano e tu mi afferri la mano, la stringi forte. Mi sussurri ti amo, ti bacio la fronte e ti stringo forte. Le tue mani disegnano onde sul mio corpo, le tue mani danzano sul mio corpo, assorbono l'aria, scivolano sulla mia pelle. È l'ultima notte, la nostra ultima notte. Ti abbraccio e restiamo…io e te come virgola sotto le lenzuola in un letto di silenzi.


***


Sofia

Il tuo primo nome è Sofia, il tuo secondo nome è Assenza...
Vorrei poter cambiare il tempo, vorrei poter cambiare la percezione che ho di te, la percezione di cui godono i miei sensi, e invece continuo ad ascoltare ancora questi suoni, a veder ancora i tuoi colori. Sembrano rubare pensieri alla mia anima, strapparli via. Gioco con le tue parole, frammenti di luce nel buio silenzio che dimora nella mia mente.
Pensiero informe, volto deforme celebrato dal mio amore, conservato nella mia memoria, immolato dal mio tempo ti invoco e ti maledico, qui… ora!
Il tuo primo nome è Sofia, il tuo secondo nome è Assenza.
Sei sicura che qualcuno riesca ad amarti o ti ami più di me?
Ora che il mio pensiero è lontano e i tuoi occhi sono lucidi, tu serri le palpebre per trattenere le lacrime, serri le palpebre per diluire le lacrime nel buio dei tuoi silenzi e della tua coscienza.
Il tuo primo nome è Sofia, il tuo secondo nome è Assenza. Lo senti il peso dei ricordi? Il loro peso mi schiaccia, mi dilania, mi conduce lontano. I ricordi mi beffeggiano, come fai a sottrarti a loro, a dimenticarli? Possibile il nostro passato non si diluisca nei giorni che scorrono e che ci dividono?
Hai perso il tuo volto nelle profondità dei miei pensieri, hai perso la tua voce negli echi della mia memoria, hai perso i tuoi pensieri nel mio grembo, nel vuoto che ora tutto sovrasta. Li senti questi echi?...sono richiami del passato, sono cavalieri senza volto che spade alla mano fanno della realtà brandelli.
Il tuo primo nome è Sofia, il tuo secondo nome è Assenza. L'Assenza che mi dilania, l'assenza che dimora e ha radici profonde nella mia vita. Riuscirò a cambiare il corso del tempo? Riuscirò a ridare colore al mio amore?
Pensiero informe che giaci nel profondo silenzio il tuo primo nome è Sofia, il tuo secondo nome è Assenza.


***


Ad occhi chiusi

Il buio.
Velo nero, caffè nero e denso.
Profumo lontano.
Il buio dei miei occhi, il buio trattenuto, custodito dalle mie palpebre, il buio dei miei silenzi e del mio profondo amore.
Il buio.
Notte senza stelle.
Silenzio scolpito nelle immagini.
Il buio, grembo che accoglie i miei occhi chiusi.
Il buio che diviene poesia ogni volta che in sogno divieni fantasma, divieni miele sulle mie labbra e seta sul mio corpo.


***


Le tue mani

Le tue mani, a tratti assorbono l'aria, a tratti vi si lasciano attraversare.
Le tue mani si muovono nello spazio come ballerine vestite di un solo velo bianco.
Le tue mani sono lame affilate.
Le tue mani suonano un piano lontano.
Le tue mani rubano il silenzio, popolano di immagini il mio corpo.
Le tue mani disegnano il confine del mio corpo, le tue mani scivolano sulla mia fronte rubandone i pensieri.
Le tue mani diradano il tempo.
Le tue mani mi lasciano sospeso in un sogno lontano, nell'attimo prima che le tue labbra trovino le mie.


***


Echi

Echi.
Parole lontane che risuonano.
Scie di suoni che arrivano come onde alle mie orecchie.
È un eco la tua voce.
Mi manchi!
Echi.
Sguardi che continuano a guardarti da lontano.
Profumi che continuano a depredarti del pensiero.
Echi, ricordi che hanno il sapore dei sogni.


***


Sipario.

La tua assenza è un grembo. Tutto contiene, tutto alimenta.
La tua assenza è una bocca, tutto ingoia, tutto vomita.
La tua presenza è preziosa. La tua presenza è vana e vanitosa.
La tua presenza è un respiro, lontano.
Il tempo divide, separa, è un sipario che confina il tuo corpo al di là della realtà.


***


L'illusione del Tempo

Ci incontravamo di notte quando il buio nascondeva ogni cosa.
Ci incontravamo nel silenzio disegnando parole fra le stelle. Restavamo ore al chiarore della luna, abbracciati, lontani dallo spazio e dal tempo.
Il profumo del tuo corpo si diffondeva profondo nelle mie narici, a volte trattenevo il respiro per sentire quel profumo vestire i miei pensieri. Lasciavo scivolare le mie mani fra le pieghe dei tuoi veli, scoprivo la tua pelle bianca come latte. Scoprivo i tuoi baci, profondi quanto gli abissi, trattenevo i tuoi sospiri per sentirli riecheggiare nella mia mente, ancora e ancora. Arrivava la luce dell'alba e per pudore tornavi a vestirti dei tuoi veli. Il tempo, diradato e lento della notte, diveniva veloce nel nascere del giorno. Mi baciavi dolcemente e correvi a piedi nudi verso casa.
Chiudevo gli occhi…la notte tornava magicamente. Il tempo faceva un passo indietro e il ricordo faceva volar via, di nuovo, i tuoi veli. Ti avrei amato ancora e ancora.
Entravi dalla finestra socchiusa e tornavi ad avvolgerti nelle lenzuola di lino. Mi raccontavi che restavi ad occhi aperti a ricordare. Sul soffitto imbiancato a calce, il bianco divorava il colore dei tuoi ricordi.
Ci incontravamo di notte, di nascosto. Ogni sera scoprivo un tuo nuovo segreto. Ogni sera scoprivi un mio nuovo pensiero.
L'altra notte ti ho aspettata a lungo. Il tempo sembrava essersi fermato. Il tempo! Il tempo incapace di contenere i miei pensieri, ordinare le mie ansie.
Poi arrivò la luce e tu…tu non eri con me a rivestirti e correre verso casa.
Attendo, ogni sera ti aspetto, silenzioso, sempre più silenzioso. Guardo la luna e nel suo pallore ritrovo riflesso il tuo viso.
Giaccio, qui, sull'erba, lo sguardo rivolto al cielo e l'orecchio teso per ascoltare i tuoi passi da lontano. Le notti sono avvelenate dalle tue assenze!
Non ho più notizie, la tua voce tace, il tuo sorriso è lontano e non oso parlare, non oso pensare….
L'altra notte ti ho sognata…
Ho vomitato lo spazio e, sospeso a mezz’aria, guardavo il mio corpo che giaceva raggomitolato sui fili d'erba ancora bagnati dalla brina.
Ho sognato il nostro primo incontro! Avevi i capelli legati e un leggero trucco che come un velo celava e rendeva sensuali gli occhi.
Mi raccontavi di te. Non ricordo le parole, è un sogno, solo immagini, niente voci . Mi sono innamorato di te anche nel sogno. Ho conosciuto le tue labbra e mi è sembrato di conoscerle da sempre…
Il caldo poi deve avermi svegliato. L'aria era ferma, stagnava.
Quanti anni sono trascorsi da quel giorno, da quel sogno, mai l'ultimo. Ho cambiato città, sono cambiato, sono invecchiato prematuramente.
L'altra sera ci siamo rivisti per caso, ho incrociato il tuo sguardo, ci siamo salutati come due vecchi e imbarazzati amanti. Poche parole, qualche sorriso e di nuovo divisi dalla strada, dalla folla, dal tempo.
Ti ho scritto di notte: un messaggio, poche righe e infiniti ricordi. Ho sperato e atteso un tuo pensiero.
Tic Toc, non è il solito rumore del tempo, del rincorrersi di due lancette, è il tempo che si ferma, è il suono del tuo messaggio.
L'appuntamento è per domani. Provo a dormire e invece tutto è fermo…Assaporo il tempo che ha dilatato la tua assenza, assaporo il tempo che ci ha tenuto lontano.
È il 21 marzo, il primo giorno di primavera.
Sono seduto in un bar, ti aspetto, guardo di fuori attraverso l’ampia vetrata…
Ti aspetto. Guardo ancora di fuori, la gente sembra scivolare sul marciapiede, sembrano tutti come sospinti da un tapis roulant, uno di quei nastri che scorre e che si avvolge di nascosto nel sottosuolo.
Nessuno mi guarda, nessuno guarda all’interno del bar, tutti corrono, scappano avvolti dai loro pensieri, dal loro tempo. La mia mente per un attimo si estranea…
Le tue mani mi chiudono gli occhi. Le riconosco, conosco il tuo profumo, e poi anche le mie palpebre hanno tatto, riconoscono la tua pelle. Mi saluti con un bacio sulla guancia dolce e fugace.
Resti per qualche istante in piedi aspettando ti chieda di sederti, io resto in silenzio, incantato, sospeso e così fai tutto da sola. E ora eccoti qua, di nuovo di fronte a me, come un tempo, come ora…
Ci incontriamo dopo anni... sorridi e il tempo si ferma!
Riconosci il mio profumo, lo stesso di sempre, e il tempo fa un passo indietro!
Sorrido e pensieroso ti chiedo come stai, le tue risposte sono brevi, ma tante sono invece le domande. Chiedi di me, del lavoro, se ho un'amante.
I nostri occhi fuggono dal guardarsi. Ci guardiamo le labbra e le parole che vengono fuori. Nei nostri pensieri il tempo è una pura illusione.
Giochi con un piccolo portafortuna, e gelosa del suo nome cerchi di portarlo via.
Beviamo qualcosa, di nuovo occhi negli occhi. Ho smesso di guardare le parole, ora ascolto il suono e invecchio nel colore dei tuoi occhi.
Che cosa è cambiato? È cambiata la vita, sono diversi i giorni lontano da te, sono diversi i tramonti, diverse le notti e i silenzi.
Resto a guardarti… il tempo è fuori, aspetta… il tempo fuori scorre… mentre qui, ora… tutto è fermo… ci siamo io, te e il silenzio, il silenzio che ci rende complici ed estranei.
Ci incontriamo dopo anni e immuni al tempo, insensibili al tempo che passa, i tuoi occhi continuano a guardarmi, sembrano scavare nei miei pensieri, sprofondare nella mia mente e io... ti guardo anche io, mettendo a nudo le mie rughe e i sogni che il tempo ha reso ubriachi e stanchi.
Torna il silenzio, tu abbassi gli occhi e resti con le labbra socchiuse.
Ti guardo le mani, guardo le dita affusolate, poi lo sguardo si dirama, si perde, sconfina… Qualche minuto fa vedevo i tuoi contorni, ora solo la tua essenza.
Tutto è fermo, raggrumato, gelato, incastonato nel tempo che non ha alcun effetto, alcun potere… Io e Te al di là del tempo, fermi, immobili, come statue di cera.
Mi guardi stupita, sorridi e ripeti la frase di una vecchia poesia. Io abbasso gli occhi, faccio finta di guardar altrove e invece fisso le tue mani, continuo a fissarle, si muovono, fendono l'aria…le ricordo scivolare lente sulla mia pelle, poi guardo il tuo viso, ti accarezzo dolcemente con gli occhi chiudendo le palpebre... una e più volte ancora.
Non conosco più i tuoi segreti, il tuo pudore e la tua fede me li nasconde, eppure ora che rivedo i tuoi occhi mi sembra di poterli capire, afferrare… per qualche ora ho riassaporato l'essenza del tuo pensiero divenire luce sulle tue labbra e, nell'incanto di un tempo senza tempo, ho potuto riamare le tue mani, il tuo sorriso.
Ho rivisto nei tuoi occhi il tempo fermarsi, dilatarsi fino a rendere il presente solo un profumo.
D'un tratto i tuoi occhi si fanno lucidi, è ora di andar via. La realtà si deforma e tutto crolla come fosse un domino, un castello fatto di carte distrutto da una mano disattenta.
Le tue dita tornano a sfiorarmi, torno per un istante a respirare sulla pelle bianca delle tue mani. Tremi e sospiri, il tempo fugace di un bacio e di un nuovo silenzioso addio…
Seduto in un bar ti aspetto… aspetto e spero le tue mani tornino a sorprendermi e a carezzarmi gli occhi, aspetto e spero le tue labbra si schiudano ancora e mi lascino lì, sul loro orlo, come su di un baratro a sospirare.
Immuni al tempo, insensibili al tempo, agli eventi che ci hanno diviso, i nostri sguardi tradiscono o sembrano tradire il nostro silenzio. Forse sono illusioni, forse sono sogni, chissà…
Ci incontravamo di notte, i nostri corpi si raggrumavano… ora restiamo ombre, illusi o disillusi che un'altra vita darà di nuovo forma ai nostri corpi.
L'altra notte ti ho sognata ancora, era il nostro ultimo incontro! Serbo questo sogno gelosamente come fosse il segreto di un incontro proibito. Domani sposerò ancora le tue assenze, penserò o mi illuderò di conoscerti un po’ di più e invece resterai dispersa, intrappolata nel confine che divide il sogno dalla realtà…


***


L'eterno abbraccio

Hai mai visto gli occhi di un uomo che muore? Hai mai ascoltato le sue ultime parole? Sei mai riuscito ad udire il suo ultimo respiro?… Il respiro che si esaurisce lentamente..
Ho udito io le tue ultime parole, ti sono rimasta accanto tutto il tempo fino a quando il tuo corpo non è divenuto freddo, ho assorbito io tutto il tuo calore, non ho lasciato che si dissipasse invano. Ho stretto forte le tue mani fino a restarne incatenata. Ho visto io il tuo ultimo sguardo, sono stata io a chiuderti gli occhi… ed a restare sola.
Il tempo si è fermato, si è cristallizzato in questo spazio, in questa stanza densa di silenzi. Anche la tua ombra è morta, la luce dell'alba fa capolino dalla finestra, le tende non la trattengono.
Si muore sempre di notte, si muore sempre nel silenzio, si ha consapevolezza della morte sempre troppo tardi. Si resta soli.
Padre… padre… mi manchi!…Tua figlia non ha potuto nulla.
Disegno il tempo sulle tue rughe, sussurro parole lontane, come facevo da bambina quando aggrappandomi alla tua giacca ti tiravo giù per parlarti all'orecchio. Padre, perdonami, perdonami perché non sono stata capace di accudirti, sono arrivata tardi. Il bambino che era in te è rinato nella tua vecchiaia e io non sono stata capace di prendermene cura e di allattarlo ancora. Padre, godo di questi ultimi istanti prima che ti portino via e ti abbraccio, di un abbraccio eterno al di là d'ogni profondo bene.


***


Lie

Sono stato concepito il primo giorno di primavera. Sono stato concepito il 21 di marzo. Pioveva. La pioggia ha lavato via le lacrime di mia madre.
Sono stato concepito come uno storpio, i segni delle mie infermità sono nascoste, le covo da dentro, maturano nelle profondità del mio corpo silenziose e beffarde! Dovresti rivoltarmi, dovresti sventrarmi per vedere la lebbra che mi veste, la lebbra che prima o poi finirà per uccidermi. Sono stanco di veder crescere in me questo cancro, stanco di esser schiavo delle mie lacere membra, della mia mente corrotta.
Ora il buio mi avvolge, è denso come l'acqua, è una seconda pelle che dapprima mi veste e poi mi denuda. Il male di vivere sembra placarsi. Il mio corpo ora non ha confini, il mio corpo non ha rughe, è spazio indefinito che si espande mentre i miei pensieri si frammentano. Pian piano lo spazio si contrae, sussulta, ed io torno schiavo del mio corpo e della mia mente. Il mio cuore si fa pesante, lo stomaco si contrae.
La memoria si sottrae al sogno e la pelle mi separa dal buio, mi separa da te…


***


Gioia infinita

Le mie lacrime contengono parole, i miei sospiri, i miei silenzi sono densi di parole, parole sussurrate dal vento, parole partorite da grembi lontani nella solitudine del dolore, nelle notti buie del deserto, nelle notti fredde in mare aperto. Ho partorito mia figlia da sola, ho spinto in silenzio perché venisse fuori, ho lacerato il cordone e pianto per il primo vagito. Mi sono addormentata perché stanca, confusa, felice e ho lasciato che la mia bambina si nutrisse del dolce latte del mio seno.
Bambina mia, quanti sogni ho partorito con te. Mia dolce bambina quante parole ti ho sussurrato lasciandomi stringere dalle tue dita. Il mio grembo è vuoto e il mio cuore gravido di un amore profondo che va al di là di ogni spazio e di ogni tempo.
Sono diventata madre in una notte di primavera, in una notte senza stelle. Ho guardato la luna, disco di luce piatta, mascherarsi di nuvole e di manti di sensuali ombre nere. Sono diventata madre lontano dalla mia terra, orfana del mio sposo, ma l'incanto e la magia del tuo sorriso hanno depredato la memoria e la realtà di ogni malinconico rimpianto, di ogni triste pensiero. Bambina mia, mia gioia infinita.


***


Un mare di latte

Ogni giorno perdo qualche colore, ogni giorno i colori si sbiadiscono e sembrano perdersi in un mare di latte.
La cecità non è fatta di buio, la cecità non sposa la notte ma il bianco, il bianco delle mie pupille malate. I colori si sbiadiscono e un mare di latte sommerge la realtà, ogni colore è sparito, dissolto, diluito in questo mare bianco. Non ci sono neanche più le ombre a farmi compagnia.
Ho imparato a vedere con le mie mani, con le mie orecchie. Scopro il confine delle cose, le profondità di una stanza…il vuoto e il pieno degli spazi battendo il mio bastone sul muro, a terra.
Il rumore, gli echi disegnano lo spazio che sembra indefinito e che la luce non disegna sul fondo dei miei occhi. Ci sono giorni in cui anche i miei sensi sembrano affogare in questo mare bianco e solo il tuo profumo è capace di vestire di colori e di forme la realtà. Ci sono giorni in cui la mia cecità mi permette di sentire il profondo che veste e alberga in ogni cosa.
La cecità vede l'essenziale, nessun fronzolo, nessuna maschera.
Ci sono giorni in cui anche la mia memoria sembra affogare in questo mare di latte, faccio fatica a guardare con gli occhi della memoria, il tempo sembra farmi dimenticare ogni cosa, e allora caverei i miei occhi spenti per lasciare entrare la luce nel vuoto che resta.
La cecità è la mia seconda sposa. Non ha aspettato il mio sì per baciarmi gli occhi e rubarne i colori.


***


Silenzio

Il tuo silenzio mi preoccupa! Il tuo silenzio è un lento scavare nei miei pensieri, un lento perpetrare i sogni della mia memoria.
Nel buio aspetto una tua parola, un piccolo denso raggio di luce che diradi questi miei pensieri. I tuoi silenzi sono come un velo stretto che nasconde il volto, le labbra. Un velo che trattiene il respiro, trattiene il tuo profumo. Il tuo silenzio è denso, è profondo. Il tuo silenzio sposa la mia folle immaginazione. Racconta storie, inventa illusioni.
Sono le parole che taci, che trattieni sulle labbra, che si diluiscono nella saliva quelle che vorrei ascoltare.
Sono gli sguardi che velano le tue palpebre, gli sguardi nel buio quelli che vorrei incontrare.
Il tuo silenzio mi preoccupa! Il tuo silenzio è un oceano profondo e buio che inghiotte e sovrasta la consapevolezza delle mie parole.
Il tuo silenzio è il lievito che si mescola all'impasto dei miei pensieri.
Il tuo silenzio si popola delle mie parole lontane che ubriache e stanche continuano a tessere l'eco del nostro essere Uno.


***


Dignità.

Mi hai picchiato ancora, li vedi questi segni sulle braccia? Pensi davvero che il tempo sciolga questi lividi, pensi davvero il tempo faccia tornare liscia e bianca la mia pelle? Queste ferite non si sciolgono, non si riassorbono, cadono nell'anima, restano impresse nella memoria e lì mi fanno sentire ancora più triste, più sola, più stanca.
Quando ti ho conosciuto, aspettavo che le tue mani scivolassero lungo la mia schiena, aspettavo i tuoi baci, ora ne fuggo, fuggo da loro per paura possano tramortire ancora per qualche istante la mia dignità, il mio orgoglio.
Prego, prego perché i miei figli non sappiano, non capiscano, non odino chi li ha generati. Spero, vorrei le mie lacrime riuscissero, fossero capaci di impietosirti, perché donna, perché madre dei tuoi figli, perché tuo lontano amore. Ancor più spesso vorrei le mie lacrime creassero un muro alle tue percosse, non ti riconosco più, la rabbia trasfigura il tuo viso, la rabbia disegna odio nei tuoi occhi. Raggomitolata in un angolo, mi copro il viso per proteggermi, per non vedere il tuo viso trasfigurato, per immaginare sia qualcuno, qualcun altro a picchiarmi. Devo tacere, non devi sentire i miei lamenti, non devi sentire i miei singhiozzi. Portatemi via, lasciate che abbia il coraggio di fuggire, di lasciarlo. Lasciate che abbia ancora il coraggio di vivere.


***


Io e Te

Io e te, un tempo due corpi distanti, due menti lontane, distratte! Io e te, al tempo due corpi che cercavano carezze e complicità, due menti che mescolavano i loro pensieri in un vortice di sogni.
Io e te, ora due corpi, due menti separate dal silenzio. Questo silenzio pesa… pesa qui sul cuore, sui miei pensieri. Vorrei questo silenzio fosse sterile, non portasse nulla con sé e invece sembra esser denso di parole, quelle che taci, quelle che custodisci solo nella tua mente, quelle che dico solo sottovoce impastando il mio pensiero con la saliva e che non ho il coraggio di pronunciare per paura possano ferirti.
Io e te, ora ci nutriamo di questi silenzi, di questi sguardi distratti, dell'assenza di dolci carezze. Ho freddo, il tuo corpo ha smesso di riscaldarmi, ha smesso di cercarmi, sono così stanca che mi addormento prima di sentirti arrivare qui accanto a me, eppure così distante. A volte vorrei riappropriarmi del presente, lasciare che il peso del passato venga diluito dal ricordo e non reiterato. Vorrei gli errori si sciogliessero come neve.
Io e te, era di marzo il giorno che hanno benedetto e consacrato il nostro amore. Ricordo il tuo sorriso, era dolce e trasognato. Raramente dolci parole hanno sconfinato nei miei pensieri. Ho tenuto tutto dentro, naufragavo nelle tue parole, sempre nuove e sincere. Ho trattenuto anche io le lacrime. Sono stanco ma non riesco a dormire, resto qui lontano da te a pensare a noi, a come eravamo e a come siamo cambiati. Questi pensieri mi tormentano, ho un tale frastuono nella testa! A volte vorrei mollare tutto, andare via, fuggire lontano.
Io e te, due amanti che giocano a fare gli estranei. Io e te, un orgoglio che non paga ma che sotterra ogni cosa, ogni gesto, ogni parola. Vorrei accettassi il mio passato, accettassi le mie, le tue colpe. Vorrei dimenticassi le parole dette, quelle taciute, quelle impastate di bugie.
Io e te, al tempo due corpi sospesi nei sogni di un intera vita insieme. Io e te, ora due corpi lontani, ancorati a mezz'aria dal peso dei nostri silenzi, delle nostre migliori e inutili, perfette intenzioni.
Ancora Io e Te… in cerca di un altro diverso da noi… diverso da te e da me!




Su Francesco Olimpico
Nato a Nola il 15 marzo 1978, si è laureato nel 2002 in "Biotecnologie Farmaceutiche" presso l' Università "Federico II" di Napoli. Ora vive e lavora in Toscana, ama viaggiare e raccontare tutto ciò che per una surreale osmosi arriva alla sua mente.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.