Squarci | domenica 8 maggio 2011

Annarita Lamberti

Una mattina

Mattina d’estate, ti sei appena svegliato, è silenzio e c’è una leggera brezza.
Ti volti e non mi trovi nel letto, al mio posto Zobeide, che ti fa le fusa. Sta vicina a te perché ti adora e perché la camera da letto, la mattina, è la stanza più fresca, poi se c’è un posto vuoto a letto e vicino a te, per giunta. Lei è una gatta a pelo lungo, rossa, persiana mista a qualcos’altro, non saprei, so solo che la trovai nel giardino, la prima volta che misi piede in questa casa, ed era un batuffolone rosso tra gli sterpi, che così era ridotto il giardino. Lei ti adora, tu un po’ meno, per il fatto che ogni tanto ti graffia o ti morde, e a te non va: eppure dovresti capirlo che è il suo modo di fare l’amore con te.
Ti alzi e cominci a girare per casa. Mi chiami. Entri nel soggiorno, che è inondato di luce e lo sarà fino a dopo mezzogiorno; il tappeto sembra in fiamme, i suoi colori più accesi che mai; ci sono ancora i due grandi cuscini quadrati, ricoperti di seta cotta verde scuro e fucsia, che sono stati il nostro giaciglio d’amore stanotte. Ma la stanza è vuota. Vai in cucina ed è lo stesso, neanche tracce di un caffé o di foglioline di tè o briciole di biscottini. Niente.
Io sono al mare in questo momento.
Mi sono svegliata prestissimo. Tu dormivi. Ti ho osservato, sei bello quando dormi, anche quando dormi. Sei tranquillo, hai l’aria serena. Ti ho lasciato dormire e mi sono alzata, facendo piano. Avevo già in mente cosa avrei fatto, un desiderio che mi si è formato in fondo, lì fra le cosce, appena ho aperto gli occhi e, forse, prima. Dal secondo cassetto del comò ho preso il mio costume, dall’armadio la lunga casacca di lino grezzo color ecrù e sono uscita dalla stanza, ho visto la Zobo entrare e ho capito che avrebbe preso il mio posto accanto a te. Non hai tregua, quando vieni da noi.
Ho indossato il costume, il pezzo intero verde acqua, la casacca ecrù e i sabot con la tomaia di pelle lavorata, che ricorda le ciabattine di Fès, sui toni del crema e dell’oro, la stuoia di paglia intrecciata, in spalla come una faretra, e la mia tracolla di tela verde salvia. Sono andata al mare.
Ho percorso con calma il vialetto che separa la casa dalla pineta, poi mi sono immersa nella pineta, e lì è cominciato: il mio orgasmo di colori. La pineta, a quell’ora, è verde intenso, come la tua voce, ero dentro la tua voce, ogni ramo, ogni ago, risuonavano di te. Procedo senza fretta per istinto, per esperienza, ma ora a occhi chiusi, seguendo la tua voce verde. Arrivo allo stretto sentiero di sabbia, limitato da rovi alti, è un passaggio angusto, tortuoso e poi d’improvviso il mare. Il mare oltre il dosso di una piccola duna dorata e poi l’azzurro che brilla. Continuo a camminare e faccio fatica ad andare piano, vorrei correre ma sento che mi dici di no, di tenere quel passo, nella sabbia appena tiepida, nella brezza che punge appena. Ubbidisco ma superato il dosso della piccola duna accelero e arrivata al limite della striscia più umida, mi spoglio. Getto via tutto, tolgo la casacca e una dopo l’altra abbasso le spalline del costume e via anche quello, nuda entro in mare come se entrassi in te. E tu sei immenso, un immenso fluido il tuo elemento. Ti vengo incontro, tu sei oltre le onde, là dove l’acqua sembra immobile, nuoto verso di te. Sento l’acqua tra le gambe ed entrarmi dentro. Sei tutt’attorno a me e dentro di me. Mi lascio inghiottire, affondo nelle acque, mi perdo in quell’azzurro che è diventato verde, sento il sale sulle mie labbra e sulla lingua, ti bevo.
Ti raggiungo.
Mi rilasci, mi fai emergere e, senza che io nuoti e muova un braccio o dia un colpo di gambe, mi riporti a riva, dove giaccio nuda, occhi chiusi al sole del mattino.
Mi risveglio che una ciocca dei miei ricci, asciutti ormai, mi solletica il naso mossa dalla brezza, che soffia sulla peluria del mio pube. Mi risveglio nel desiderio di te, di te muscoli, braccia, forti, bocca, perfetta, mani sapienti, di te occhi scuri, capelli neri, di te duro e grande.
Prendo in fretta le mie cose, il sole comincia a scottare, ma il lino della casacca mi protegge le spalle, i sabot mi difendono i piedi dai cristalli caldi della sabbia. Torno indietro, verso casa.
Infilo il corridoio che tu esci dal bagno, hai appena fatto la doccia e indossi l’impermeabile, tutto, persino il cappuccio sui capelli neri. Io sono nel sole, che penetra dal soggiorno, e tu puoi vedermi tutta soffusa di rosa, brillante di sale, con l’oro del sole nei capelli.
“Dove sei stata?” Mi dici e accostandoti a me mi stringi, le tue mani sui miei glutei.
Senti che sono nuda, sotto la casacca, sono tornata nuda da te.


Su Annarita Lamberti
Annarita Lamberti (1971) insegna Lettere in un Liceo napoletano. Esordisce nella scrittura scientifica, dedicandosi per anni alle ricerche di geografia politica e umana con un approccio culturale e post-coloniale sulle tematiche urbane e sul rapporto tra letteratura e geografia. Nel 2005 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Geografia dello Sviluppo all'Università “L’Orientale” di Napoli, discutendo una tesi sul rapporto tra arte e sviluppo urbano a Tel Aviv. Ha insegnato all'Università di Bergamo e ha pubblicato numerosi articoli su riviste scientifiche. Nel 2014 ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale a professore di seconda fascia in Geografia. La sua passione per la letteratura l’ha portata a riscoprire i classici e a scrivere narrativa. OXP ha già pubblicato alcuni suoi racconti brevi.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.

La chiave falsa, di Annarita Lamberti (I Coltelli, 2018)