Squarci | martedì 25 novembre 2008

Fabio Pariante

In una sala d’attesa

Sala d’attesa. Ore 19 circa.
Fuori, si sente il tintinnio di una leggera pioggia…

Luce soffusa, musica anni ’70 a basso volume. Ogni tanto si sentono colpi di tosse e profondi sospiri dei pazienti presenti. L’attesa è lunga…

La sala presenta 15 posti a sedere, e 12 sono occupati da persone di età e culture differenti.
C’è silenzio. Solo un ‘rumore’ di occhi guardinghi tra i presenti. Si studiano a vicenda senza pronunciar parola.

Lentamente la pioggia si fa forte. All’improvviso un abbassamento di corrente e la musica quasi si spegne… ma resta…

Bussano alla porta. Un paziente di colore. Il suo ingresso cattura l’attenzione di tutti. Si siede tra i posti liberi. Da solo. I posti occupati passano a 13.

Il silenzio è interrotto dai continui colpi di tosse di un anziano.

Nuovo abbassamento di tensione. Cade una rivista dal tavolino; in precedenza è stata poggiata male da un paziente che l’aveva sfogliata frettolosamente.
Nessuno la raccoglie, resta lì, sotto l’apparente sguardo indifferente di tutti.

Un paziente, dopo la visita, va via accennando un saluto verso i presenti… Gli risponde solo una persona, a voce bassa. Una donna. Poi, silenzio.

Un silenzio nuovo perché poi è interrotto dalla voce di un bambino appena sveglio che gioca nel carrozzino. La musica riempie ancora ‘quel’ vuoto circostante…

Un leggero botto fa mancare luce e musica che all’unisono lasciano tutti al buio. Nel leggero stupore dei presenti è tutto buio.

La pioggia è forte, incessante… Nessuno si preoccupa dell’accaduto, del motivo. Continuano le attese… ma il bambino preso dalla paura si dimena in un lungo pianto irrompendo nel silenzio con le sue urla.

Nessuno si muove. Rivivono solo sospiri, sbadigli.

Si blocca il filmato, magari con un fermo immagine su sfondo nero o solo sugli occhi del bambino che, nella penombra, si intravedono.


Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.