Squarci | mercoledì 27 dicembre 2006

Antonio Abbate

Variazioni su Elisa

E’ un periodo difficile. La mente è piena di pensieri, e ogni pensiero mi dà angoscia. E’ finito il dolce torpore del vivere quotidiano, e avverto che anche il ritmo del mio respiro è cambiato. I miei occhi non riescono a vedere le stelle. E il mio cuore
sta diventando incapace di cogliere la bellezza, da quella dell’alba a quella del tramonto. Sono perso come una bottiglia che galleggia nel mare. Forse, per sempre.
Qualcosa si è rotto. Avverto che alla mia vita è stato rubato qualcosa. C’è una ferita che la segna, e che continua a darmi dolore. Ho sofferto, e ora solo il tempo dirà. Può darsi che la cura sia nel tempo.
Nel dolore conservo ricordi, pezzi di verità, improvvise trafitture che mi rinviano a ciò che è stato. E anche se non sono solo, anche quando ho vicino qualcuno, sono solo in altro modo. Ma… non importa la solitudine.
Se vado avanti, se continuo a vivere, è perché ho la sensazione che ci sia qualcosa da imparare. So che ci sarà sempre qualcos'altro per cui vale la pena vivere.

Sogno un giorno estivo pieno di luce e di colori. Un giorno in cui tutti siano felici, un giorno in cui s’incrocino i sorrisi di tutti verso tutti.
Questo è l’inverno che precede la fioritura? Qualcuno raccoglierà la mia speranza?


Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.