Squarci | domenica 21 luglio 2013

Lucia Soscia

Ma quella notte fu diversa

Ti vedevi brutta. Come tutti i giorni, come tutte le sere. Ma quella notte fu diversa. Le strade erano ancora deserte, bagnate dalla pioggia, e i pub non erano ancora colmi di gente. L’aria era umida e fresca, tipica di inizio primavera. Scendendo le scale già sentivi l’odore della vita notturna. Ma tu non stavi uscendo, stavi andando in stazione per poi andare in aeroporto. Lì un aereo aspettava le sei di mattina per partire per Bruxelles Charleroi. Un posto lì sopra c’era anche per te, avevi un biglietto di sola andata. Poi, via per tanti mesi, troppi.
Ti aspettavano sotto casa: la macchina e la valigia. Desideravi di addormentarti e di svegliarti sull’aereo, magari già a Bruxelles. Invece alle otto e mezza di sera eri in stazione, ancora. Hai salutato i tuoi, rifiutando la loro compagnia con una scusa convincente, e ti sei seduta su una panchina, di fronte ai binari, aspettando un treno che già portava un ritardo di cinque minuti. Di lì a qualche paio di ore saresti arrivata all’aeroporto, con occhi lucidi ma mai estranea a te stessa.
Sul serio, ti vedevi sempre brutta. Con capelli troppo fini, dicevi, la pelle troppo chiara e il seno troppo piccolo, le gambe corte ma il viso troppo lungo. Nessuno te lo aveva mai fatto notare, a parte George, che avevi tanto fascino. Per lui i tuoi capelli erano messi delicati intorno al viso, la pelle pulita e liscia e il viso fino e acuto, le forme erano perfette per i suoi gusti. Come Audrey, diceva, calda Rossella... che era il tuo nome. Una tipa tutto occhi, pensava. George in quelli si perdeva spesso, e non solo lui, giacché piacevi a molti, Rossella, attraevi per la tua personalità.
Sospirasti, ancora e ancora una volta. All’improvviso sentisti due mani sulle spalle. Brividi ti corsero sulla schiena. Le mani ti accarezzavano dal collo alle spalle e tu le studiavi, le veneravi, senza capirle, senza chiedere di chi fossero. Le avevi sognate più e più volte. George non ti aveva mai sfiorata, se non nei desideri, ma potevi capire che quelle mani fossero le sue, grandi e avvolgenti. Socchiudesti gli occhi...
“Rossella”, era George, “scappa con me”.
Apristi gli occhi di scatto, aspettasti che lui ti dicesse qualcos’altro. Non ti sei do-mandata neanche se quello fosse un sogno o realtà. Non ci speravi ma nemmeno volevi smettere di illuderti. Poi hai smesso di esitare e ti sei voltata, emozionata.
George ti ha fatto segno di entrare nella sua macchina e tu hai messo le tue valigie nel portabagagli. Ma chi ti aveva fatto il segno non era George. Lui già non c’era più. C’era un uomo al posto suo, seduto sul sedile del guidatore, ben vestito, portava uno smoking nero, la camicia e i guanti bianchi. Disse che George gli aveva chiesto di accompagnarti in un posto, era una sua sorpresa.
Sui sedili posteriori c’era una scatola con dentro il tuo nuovo vestito. Un abito nero. Ti stringeva alla vita, aveva una gonna larga e lunga sino a qualche centimetro sotto il ginocchio, ed un merletto che scendeva sensualmente dal collo e lasciava intravedere la bellezza delle curve sino alla base del sedere. Il tuo seno era piccolo sotto il vestito, perfettamente piccolo, un seno più grande sarebbe stato sproporzionato rispetto a tutto il resto. Ti mettesti le collane di perle e, mentre immaginavi che George ti guardasse come ha sempre fatto di nascosto, ti mettesti il rossetto color ciliegia sulle labbra, ravvivando il viso e gli occhi già ben truccati. “Chissà perché mi ha fatto vestire così”, hai pensato, sorridente di un sorriso che ti illuminava il viso.
La decisione di partire per Bruxelles era arrivata durante la cena in un giorno di metà febbraio. Alcuni tuoi conoscenti ti avevano proposto un lavoro a tempo indeterminato. Non potevi non accettare. Saresti partita e avresti cambiato vita, magari un giorno saresti anche tornata. Ti avrebbe fatto bene, giacché, dopo la maturità, la tua vita non aveva intrapreso ancora alcuna direzione. Partire significava prendere mattoni e costruire da capo il tuo presente. Ma partire significava anche non vedere mai più George. Il solo pensiero ti raffreddava il cuore. Ma troppe cose già vi dividevano e la vostra storia era già impossibile. Era un destino felice e al tempo stesso crudele.
Non riuscivi proprio a immaginare cosa George avesse organizzato. Ipotizzavi un incontro come quelli su cui fantasticavate. Nel mentre, la musica trasmetteva canzoni d’altri tempi e non ti sembrava vero. Sentivi sulla pelle sensazioni di magia come fossero reali. Eppure temevi di star sognando. Un sogno da cui non ci si vuole svegliare e si rimane coscienti sempre, come nella vita. Era tutto vero, o no?
Fremevi perché avevi sempre immaginato quel momento in cui finalmente tu e George sareste stati insieme, mani tra le mani, occhi su occhi, labbra sopra labbra. Tremavi per l’emozione, lo stomaco si stringeva e le tue mani si poggiavano su ogni cosa, per paura che fosse tutto un sogno, che tutto svanisse all’improvviso.
Era passata già un’ora, ti sei ritrovata per le strade umide della città trovandole diverse dal solito. Non sapevi che fare. Il signore ti aveva detto che George intendeva incontrarti in un locale jazz. Seguisti l’istinto, ti lasciasti guidare dal jazz che caratterizzava l’atmosfera tutta intorno, dallo swing suadente e dalle voci scoppiettanti della gente ed entrasti in un locale di lusso, all’angolo di una strada. Ti era sconosciuto.
Sentisti un odore diverso. All’entrata del locale c’era un corridoio lungo che terminava col bar, le donne fumavano le loro sigarette dal bocchino e ti guardavano con aria di sfida, ricambiasti il loro sguardo senza temerle. Ti sentivi lanciata. Attraversasti il corridoio mentre tutti ti guardavano. Ti circondavano i tavoli e una piccola pista dove si ballava. Ti avvicinasti al bancone. “Vuole qualcosa da bere?”, disse qualcuno, mentre tu continuavi a pensare.
Ti pareva di volare. Sentivi che il tempo non scorreva, che gli eventi erano lontani dal tatto e dal tuo corpo, ma li sentivi vicini al tuo cuore. Come una donna d’altri tempi, avevi lo sguardo tristemente romantico posato sul tavolo. Ti guardasti intorno. Le donne ballavano, gli uomini le corteggiavano. Ti sentivi un’altra e percepivi la tua presenza in quel locale, tra i tacchi svelti e il fumo dei sigari, come se quello fosse il tuo vero mondo e gli altri giorni della tua vita solo uno straniamento. Gradivi la finezza delle persone e il romanticismo di quelle scene, da te mai vissute prima.
Le persone si divertivano spensierate e il ritmo incessante del jazz ti faceva dimenticare ogni problema. Eri adorabile quando parlavi del tuo mondo. Il resto dei giorni eri fragile ed insicura. Ora finalmente ti sentivi comoda sul mondo, mentre suonavano la tua musica preferita e il charleston lo ballavano sui tavoli.
Il tuo sguardo colpiva, catturava le persone, come il tuo cuore grande e il tuo carattere solare. Guardavano tutti te, Rossella. Non lo notasti mai. Molti fissavano i tuoi movimenti, le tue labbra socchiuse, il mento alto e visibilmente morbido, il collo che ogni tanto si muoveva come lo sguardo. Forse erano attratti dal tuo modo di essere, diversa dalle altre, non eri banale. Eri vera, moderna ma preziosa. Così ti voleva George, così eri con lui, nei vostri sogni e nelle lettere che vi scambiavate segretamente, quando cercavi sempre nuovi stimoli per sognare.
Ti sei girata e hai bevuto velocemente il tuo bicchierino di assenzio. Scattasti, notando con la coda dell’occhio che George sedeva proprio accanto a te. Si era seduto senza che te ne accorgessi, morbido e silenzioso. Portava uno smoking nero abbinato alla camicia bianca, la cravatta argento come il gilet ed il cappello sulla testa, nero come i suoi occhi. Lo hai guardato senza dire una parola e lui ha continuato a sorriderti in modo ipnotico, senza distrarsi dall’andamento del tuo respiro. Ti sei alzata e hai avvicinato le tue labbra alle sue, senza sfiorarle e hai accarezzato il suo collo sensualmente con i guanti neri di raso. Ti sei voltata e hai accettato il primo sconosciuto che ti ha chiesto di ballare, mentre George ti guardava andare via.
Ti guardò sempre, in ogni tuo scatto e gesto. Tu giravi su te stessa, ti mostravi, ridevi, ti divertivi. Lui pensava a quanto ti desiderava, ora e sempre, a quanto ti sentiva nel suo cuore: eri entrata all’improvviso senza alcuna pretesa e senza alcun avviso. Non te l’aveva detto mai, ma lui era pazzo di te, dal primo momento in cui ti aveva visto un anno prima a uno spettacolo di danza classica, occasione grazie alla quale qualcuno vi presentò. Da quel giorno iniziaste a sentirvi privatamente e, col passare del tempo avete sentito il desiderio di costruire un mondo solo vostro. Sapevate che la realtà vi riportava con i piedi per terra e cercava di distruggere i vostri sogni, di spezzare ogni vostro legame, forse immorale e contraddittorio.
A pensare troppo, George si confondeva.
Così si staccò dai suoi pensieri malinconici. Si alzò dalla sedia e andò diretto verso di te, la donna che voleva: Rossella. Tu lasciasti il tuo compagno alla prima giravolta con cui ti abbandonò la mano. Sei corsa via a passo forte e sicuro e ti sei diretta verso i bagni del locale. Lì sei arrivata alle scale e hai iniziato a salirle lentamente aspettando che gli occhi di George ti puntassero. George era sotto di te e intravedeva la tua giarrettiera sotto il vestito. Hai riso serena e, giocando, gli ordinasti di salire. Ti raggiunse in fretta di fronte una stanza vuota ed avvicinandosi al tuo orecchio... “Ross”, sussurrò, “tu mi fai impazzire”. Il suo respiro ti carezzò il collo e ti fece trasalire. Ti guardò con occhi languidi, occhi che fecero brillare i tuoi.
Ti lasciasti andare e ripensasti alle sue lettere, alla bellezza di quella serata che non ti spiegavi, al suo fascino e alle sue parole avvolgenti. Poi lo baciasti dimenticando chi foste. Scomparve tutto intorno a voi: c’erano solamente le vostre labbra, morbide, umide, che si univano perfettamente. Batteva forte il tuo cuore, sentisti sotto le mani un sogno diventare realtà. Labbra sopra labbra, occhi su occhi, mani tra le mani. Insieme formavate un respiro solo. Sentisti caldo il tuo viso che si faceva sempre più rosso. Le sue mani tremavano sui tuoi fianchi e le sue gambe ti guidavano verso il letto. Calda era la pelle, forti le emozioni. C’eravate solo voi, coinvolti nei vostri sentimenti. Dimenticaste i vostri nomi e la vostra differenza di età, le vite differenti che vivevate e che uno di voi due era sposato.
Rossella, eri sempre stata una creatura minuscola con ali e cuore così grandi da non trovare spazio per spiccare il volo. Ma questa è la tua storia, la storia di come finalmente ti sei sentita viva e sei riuscita a volare insieme ai sogni. Dimenticaste tutto. Vi intrecciaste come nei vostri sogni e nei vostri discorsi. Vi incrociaste come due linee rette che si incontrano sola ed una sola volta. Vi eravate sempre sentiti incompresi ed emotivamente scomodi nel mondo reale. Ma quella notte fu diversa.


Su Lucia Soscia
Lucia nasce nel 1992. Da sempre appassionata di tutti i tipi di arte, pratica la fotografia e la scrittura di canzoni, racconti e poesie mai pubblicati. Spera di viaggiare molto nel futuro, grazie soprattutto alle lingue, per poter accrescere il suo sapere culturale e artistico.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.