Squarci | mercoledì 13 marzo 2013

Immacolata Virgilio

Due sorelle

Caterina è distesa pancia all’aria sulla sua vecchia tela di canapa indiana; respira intensamente la frescura dell’aria pomeridiana; guarda le nuvole sulla sua fronte che come i pensieri vanno e vengono continuamente e, per un istante, immagina con terrore l’ afa e il brusio della città, la sua bella e caotica Napoli. Assapora il gusto della decisione, presa contro tutti gli altri, di essersi trasferita in campagna. Sta realizzando il sogno di una vita: vivere lontana dalla folla, lontana dal traffico e dai clacson, dal fumo e dalla gente sempre di fretta. Si rallegra ora della semplicità delle persone, della bellezza delle strade, del tempo ritrovato; si gode le lunghe passeggiate a ciel sereno.
Ha già imparato a prendersi tempo, a non avere fretta. Si è trasferita da poche settimane nella sua confortevole casa indipendente che, benché non troppo grande, ha davanti a sé un giardino ampio, e intorno, nulla: folte piante e tanti arbusti lo abitano; gli alberi d’arance e di limoni, le palme, gli oleandri colorati, e adesso anche le mimose, che emanano il suo odore preferito, rendono il piccolo bosco un luogo accogliente e bello. Caterina sta qui, ora presente ora assorta. Decide, a un certo punto, di continuare la lettura del romanzo che ha lasciato la sera prima appoggiato sul tavolino di legno intarsiato: L’ Immortalità di Milan Kundera. Il racconto dello scrittore ceco l’ha già persuasa, quando entra in scena un personaggio nuovo, la sorella di Agnes, la figura principale del libro.
Con un sobbalzo si ricorda del compleanno di sua sorella. D’un tratto si rimprovera di averlo completamente ignorato e si rammarica perché ora non avrà nemmeno il tempo di scegliere per Renata un regalo adatto ai suoi gusti! La chiamerà tra poco, pensa tra sé. Continua a leggere ma intanto questa piccola amnesia, apparentemente insignificante, produce un effetto inaspettato: il remoto senso di colpa porta Caterina ad interrogarsi sul suo ruolo nel personaggio di sorella maggiore. Avverte un bisogno quasi estraneo di far ordine, di rendere meno rigidi quei confini che non lasciano scoprire l’ altra parte. Rientra in casa per pochi minuti; di nuovo in giardino, seduta china, prende qualche nota, come a non voler dimenticare un’ intuizione importante.
È decisa a scrivere a Renata una lettera che ha un valore molto più grande di un regalo, una lettera come dono. Tenterà di scrollarsi di dosso il perenne senso di vuoto per non essere riuscita a costruire un dialogo con l’ unica sorella; confiderà a Renata i suoi dispiaceri per essersi allontanata da lei senza cercare neanche di avvicinarsi; proverà a recuperare il loro rapporto, intuendo che i limiti sono solo della lingua e nella lingua. Caterina pensa che tra due sorelle ci sia una comprensione unica, al di là di tutto, e certamente non perché siano strette da un legame di sangue.
Si chiede se anche Renata attribuirebbe questo “fallimento” alla debolezza della comunicazione oppure se, per esempio, lo lascerebbe dipendere dai loro differenti caratteri, differenza del resto inevitabile. Ma poi, che cos’è il carattere? È soltanto una serie di caratteristiche di un individuo, una mera apparenza? Quanti tipi di carattere esistono? Possono essere davvero inconciliabili? Il carattere è stabile? E in quale modo, altrimenti, si lascia plasmare rispetto all’ ambiente, all’ altro? Caterina considera per un attimo il proprio carattere, talvolta introverso: lo accusa di averla resa troppo spesso misurata, povera di linguaggio.
S’accorge che è passato molto tempo da quando si è abbandonata ai suoi pensieri, alla sua immaginazione. Il sole è diventato una sfera infuocata e sta lentamente scomparendo via. Caterina è vagamente serena nello scoprire che è sempre possibile trovare una soluzione, attraverso la comunicazione, ora sentita come cura e rimedio. Afferma, nonostante tutto, il valore della parola. Inizia a imbrunire e l’aria è appena fredda, l’odore di terra umida è intenso. Ora, dell’intorno riesce a scorgere soltanto le sagome delle cose.
Caterina raccoglie le sue cose per tornare dentro casa.


Su Immacolata Virgilio
Vive a Napoli ed è persona curiosissima. La sua grande passione è leggere. Poi c’è la poesia: adora gli haiku per la loro essenzialità, per il loro sembrare "gesti intuitivi": magia della poesia che lascia impressa un’immagine, una forma. Insomma, anche Immacolata si diverte e si diletta a scrivere poesie brevi. Dei suoi testi dice: “ho sempre scritto per mio conto”, in una sorta di scrittura intima. Riscopre ora, oltre il bisogno, l’ importanza della scrittura: comporre, scomporre, armonizzare… la magia delle parole.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.