Squarci | domenica 21 ottobre 2012

Vincenzo Cioffi

Ossigeno


"Buongiorno"
"Salve"
"Gli incartamenti li lascio qui? Può mettere la firma sulla ricevuta?"
Firmai il foglio senza nemmeno leggere cosa ci fosse scritto, il fattorino lasciò il plico sul metallo sterile della scrivania e si avviò alla porta.
"Arrivederci"
"Buona giornata"
Guardavo fuori dalla lastra di vetro isolante che fungeva da finestra. Il panorama era grigio, offuscato dalla perenne cappa di smog attraverso cui filtrava qualche timido raggio di sole. Da poco era passato mezzogiorno, ma sembrava il tramonto, da trenta anni sembrava il tramonto. Qualcuno, tra gli anziani, ricordava ancora come era la vita fuori. L'odore della terra e della pioggia, camminare nel verde e respirare l'aria vera. Il ronzio dell'erogatore era l'unica costante nella mia vita. Erano almeno cinquant'anni che si viveva segregati. Complesso A53 questo era il nome della loro città. Quella era casa mia, la mia nascita era stata approvata e monitorata dalla fecondazione, il mio quoziente intellettivo misurato e la mia carriera decisa. Dopo le scuole tecniche avevo frequentato la facoltà di botanica ed ora lavoravo per il centro sviluppo del centro.
Un secolo prima l'aria aveva iniziato a guastarsi, la scoperta del combustibile ad argo avrebbe dovuto essere la scoperta del millennio, la terza rivoluzione industriale, tutti i test in laboratorio avevano dato esiti fantastici, zero emissioni, assolutamente pulito e più sicuro del nucleare. L'unico scarto del processo era un isotopo stabile del caso praticamente inerte. Nessuno aveva considerato l'inquinamento elettromagnetico, le prime istallazioni furono un successo; nel giro di trenta anni tutto funzionava ad argo. Le prime a cadere furono le grandi metropoli e i complessi industriali. Si iniziarono a registrare casi di morte per insufficienza polmonare. Il numero si decuplicò in meno di un anno. Le cause erano ignote, finché qualcuno non esaminò l'aria; così si scoprì che l'isotopo, vibrando a causa delle onde elettromagnetiche, si legava all'elio presente nell'atmosfera e rendeva l'aria più leggera, quindi per quanto si respirasse si finiva irrimediabilmente per morire soffocati. Le misure adottate furono un fallimento dietro l'altro. Quindi in un consiglio globale i governi decisero di attuare la misura provvisoria di creare dei centri di isolamento atmosferico. La mia casa. Si dovevano irrorare con l'ossigeno e di questo si occupò la AIRCOM, che si era assicurata l'appalto di tutti gli impianti di erogazione dei centri Si scoprì soltanto dopo che i generatori funzionavano ad argo e quindi ossigenare i centri distruggeva sempre di più l'esterno. Da provvisoria la soluzione divenne definitiva. Si susseguirono gli ovvi provvedimenti del caso, controllo nascite, età di pensionamento vitale: quando qualcuno diventava improduttivo nel centro veniva pensionato ossia il suo corpo veniva usato a beneficio della scienza. Ti toglievano di mezzo.
Andai verso la porta della serra, il turno era finito. Dentro c'era il mio tesoro, sessanta esemplari circa di Salviori. Iniziai la ricerca non appena fui uscito dall'università, pensai di sfruttare il naturale processo di fotosintesi delle piante per purificare l'aria, ma la cosa si rivelò molto più complessa di quanto potesse sembrare. Provai intrecci genetici con diverse migliaia di specie differenti, ma nessuna riusciva a trasformare quella nube tossica in ossigeno. Pensai di arrendermi, avevo deciso di prendermi un pensionamento anticipato, e in vista di questo volli dare alla mia testa un ultimo pasto, rilessi i libri che avevano cambiato la mia vita, fu mentre leggevo “L'origine della specie” di Charles Darwin che ebbi l'illuminazione. Le staminali umane. Feci richiesta al centro medico di poter avere i feti malformati, ma ancora in vita. Ci volle un po' prima che la commissione etica giudicasse valida la mia richiesta, ma alla fine la mia sperimentazione iniziò.
All'epoca avevo due assistenti: Andrea, ragazzo intelligentissimo, con molto senso pratico e poca etica. Diana, una ragazza diafana, con i tratti chiari e i lineamenti delicati. Ci lasciò non appena il progetto iniziò a coinvolgere i feti. Fu Andrea a darmi l'idea, fu una cosa detta quasi per scherzo
“Io pagherei per poter respirare l'aria pura!”
Andrea perse la vista in laboratorio, il suo corpo fu usato come catalizzatore per una ricerca sulla possessione funginea che non aveva portato a nulla. Centinaia di feti furono sacrificati al mio scopo, il soggetto 23 fu l'unico a seguire il filone evolutivo che desideravo. Innestai con fortuna l'embrione su un ibrido di piante che aveva mostrato una buona capacità di sintesi del gas. I salviori furono pronti nel giro di una settimana. Condussi con oculatezza tutti i test e le prove di rito. Funzionava. Avevo creato la pianta che assorbiva l'argo e restituiva l'ossigeno. La salvezza del pianeta avrebbe potuto essere merito mio.
Un giorno per scherzo proposi ad uno studente che era risaputo sballarsi con una combinazione di luci e suoni reperibili facilmente online:
“Ti andrebbe di provare una roba nuovissima?”
“Lei è pazzo, anche se non fosse in combutta con la polizia, se mi beccassero con qualche controllo del sangue finirei pensionato!”
“Non è roba che risulta alle analisi”
“È impossibile una cosa del genere!”
“Ti faccio provare gratis la prima volta ed ogni volta che mi porti un amico il tuo giro è gratis. Ci stai?”
“Che roba è?”
“Aria” gli risposi impassibile.
“Aria pura. Come si respirava cento anni fa” continuai.
“Passa nel mio studio stasera alle 19 in punto”
Così iniziai il commercio che mi rese incredibilmente ricco. Nel giro di pochi mesi fui in grado di permettermi gli alloggi nei posti di classe e un servizio di pulizie migliore. I soldi non mi importavano, non era quello il mio tesoro, il mio bene più prezioso, l'unica cosa che non volevo condividere. Dovevo essere l'unico possessore dell'aria e nessun altro doveva dispensarla. La mia piantagione si estese e man mano diminuivo il giro di clienti. Mi mancarono le finanze per potermi mantenere la casa e tutto il resto. Non faceva differenza, avevo l'aria. Passavo ore e ore nella serra a riempirmi i polmoni di quel miscuglio di composti così semplice. Chiudevo la serra con la password e non permettevo quasi a nessuno di accedervi. Solo Nico, il fratello di Andrea, che faceva le pulizie due o tre volte a settimana. La mia ossessione peggiorava ogni giorno. Scoprii che i corpi umani permettevano la fioritura in tempi minori e difendevano i germogli dall'aria tossica e li rendevano più forti, lo scoprii analizzando la ricerca sui funghi fatta nel corpo del mio vecchio assistente. Mi era tornato più utile da morto. Mandavo falsi rapporti al centro sviluppi dicendo che il progetto aveva bisogno di nuovi test, ma davo abbastanza speranze per non chiudere la ricerca. Non mi ricordo perché parlai a Nico del lavoro fatto da suo fratello e da come la ricerca che gli aveva tolto la vita mi aveva giovato, forse era in uno stato di straniamento a causa della lunga respirazione di aria.
Nico mi guardava impassibile circondato dal mio diretto superiore e da quattro colleghi botanici. Il capo stringeva in mano il rametto di uno dei suoi figli. L'inserviente indicò la serra e il piccolo gruppetto si diresse in quella direzione. Dietro di loro entrarono le guardie. Ammanettato e basito fui portato davanti al giudice che quasi senza alzare lo sguardo dal rapporto disse:
“Pensionato!”
Avrei voluto urlare, difendermi, almeno dire qualcosa. L'unico mio pensiero erano le piante, le mie dolci figlie, allora le parole uscirono spontanee:
“Voglio essere un catalizzatore, almeno questo me lo dovete, fatele vivere in me, non privatemi del mio unico bene, vi prego! Vi imploro! Voi potete!”
Il giudice mi guardò sorridente, senza rispondere. Non avrei mai scoperto che sul fascicolo che mi riguardava stava scrivendo “destinato a sperimentazione alimentare, da tenere assolutamente lontano dalla sua ricerca.”




Su Vincenzo Cioffi
Originario di Vico Equense. La passione per la scrittura gli deriva da un amore senza limiti per la lettura. Era ed è un lettore sfrenato, ma a un certo punto leggere non gli è più bastato. Voleva creare un proprio mondo, con i suoi personaggi e le sue regole. Negli anni ha cercato di affinare le proprie capacità confrontandosi con amici che condividevano la sua stessa passione.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.