Squarci | venerdì 7 settembre 2012

Annarita Lamberti

Tutto il dolce di una fetta di cassata



Il taxi li lascia nello slargo della fonte Aretusa. È una serata tiepida e il vento marino la rinfresca. Prendono la stradina che porta in piazza del Duomo alla ricerca di un ristorante che attiri la loro attenzione. Passeggiano e chiacchierano. Rosalba lo punzecchia e Lorenzo sta al gioco anche se sembra prenderla sempre sul serio. Camminando attorno al Duomo si ritrovano in una viuzza dove notano un ristorante molto particolare. Dall’esterno si vede bene un grande lampadario Swarovsky tutto illuminato. Sembra il salotto buono di una casa borghese. L’insegna dice “Al Mazarì”. Piace ad entrambi e decidono che ceneranno lì, se c’è posto per due. Un bel signore molto alto, longilineo ed elegantissimo nel portamento li fa accomodare in una sala con un piano del primo novecento: una donna bionda di mezza età, vistosa e barocca nell’aspetto, canta Chagrins d’amour e si accompagna al piano. È una cliente, i suoi amici sono a due tavoli da loro. Un bel gruppo di melomani.
Hanno scelto bene. Si mangia meravigliosamente, tanto che Lorenzo non vuole concludere la cena senza dolce. La carta dei dolci è interessante:
- Che cos’è questo “muccunettu”?
- Una specialità delle suore trapanesi: un bocconcino di pasta di mandorle ripieno di confettura di zucca?
- Meraviglioso… lo prendo, non ho dubbi! – dice Rosalba e Lorenzo segue la sua scelta.
Quando la giovane cameriera porta loro le due porzioni di muccunetto, golosamente arricchite da una scenografia di cioccolato fondente, Lorenzo si rende conto che quella delizia è tanto appetitosa quanto esigua, è il caso di assecondare quella gran voglia di dolce che gli è venuta.
- Scusi, signorina, ci porterebbe anche una porzione di cassata, con due forchettine, per favore…che ne dici Rosalba, la assaggiamo insieme?
La cameriera va ad eseguire l’ordinazione del dolce aggiuntivo senza aspettare che Rosalba esprima il suo parere.
- Non ti sembra di esagerare con tutto questo dolce?
- Sono a dieta tutto il resto dell’anno posso pure permettermi una trasgressione di tanto in tanto e, poi, non mi sembra il caso di stare attento proprio ora. E nessuno dei due, mi pare, abbia problemi di linea…
Per quanto li gustino lentamente i due bocconcini finiscono in poco tempo e quando arriva la fetta di cassata, Lorenzo, che ormai è in confidenza con Rosalba le rivolge la domanda che avrebbe voluto farle già la sera prima.
- Scusa, Rosalba, quell’uomo che ieri è venuto a casa tua e avrebbe voluto rimanere a cena… chi è?
- Antonio, dici? Antonio è l’uomo con cui ho una relazione da quasi vent’anni, oramai.
- Ah, ecco. È il tuo compagno.
- Compagno? Che cosa vorrà dire compagno?
- Beh, l’uomo con cui condividi la vita senza essere sposata con lui.
- Ma è ridicolo! Abbiamo ben poco da condividere, io e Antonio!
- Hai appena detto che avete una relazione da quasi vent’anni! Non è mica poco?
- Qualche volta passiamo la notte insieme o, meglio, ad un certo punto se ne deve tornare a casa sua, non ce lo voglio a dormire vicino, non ce l’ho mai voluto. Facciamo qualche viaggio, qualche
vacanza insieme. Negli alberghi sempre camere separate. Andiamo al cinema insieme e facciamo l’abbonamento al teatro insieme, pure. Da quando è cominciata tra noi, Natale, Capodanno, Pasqua, le domeniche, i compleanni e gli onomastici li passiamo insieme, generalmente a casa mia. Ma non condividiamo altro e non so se si possa chiamare “compagno” un uomo in questo tipo di relazione.
- Perché non vivete insieme? Non lo avete mai fatto?
- Perché? Perché?…arrivò tardi – e affonda la forchettina nella fetta di cassata e porta alla bocca un grosso grumo di dolcezza.
- Quando? Ci tieni così tanto alla puntualità?
- Arrivò tardi nella mia vita.
- Non capisco, Rosalba, spiegami, per favore…
- Io e Antonio siamo stati colleghi a lungo nello stesso liceo. Quindici anni abbiamo lavorato fianco a fianco. Lui insegnava filosofia e storia. Mi è sempre piaciuto, era un bell’uomo ai tempi della scuola e, tutto sommato, si mantiene bene anche adesso. Io sono stata sola per tanti anni. Non che sia stata una “Pura e Vergine Maria”, no, assolutamente, ma una vera storia d’amore non l’ho mai vissuta. E l’ho cercato a lungo, l’amore. Ma il tempo passa e ti accorgi che possono esserci anche altre cose. Un progetto di vita, per esempio, fare una famiglia, condividere il desiderio di una famiglia e farla insieme, un uomo e una donna semplicemente, anche senza il grande amore per lo mezzo ma con grande complicità, rispetto, stima. Però neanche quello è venuto. Poi, ad un certo punto, avevo 49 anni, e da pochi mesi ero andata in menopausa - all’epoca a differenza di oggi non si poteva fare niente o, comunque, non ti facevano fare niente per arrestarla - arriva Antonio con una richiesta di matrimonio in piena regola. Anello di fidanzamento con brillante e una dichiarazione d’amore tanto anacronistica da risultare ridicola. Mia madre ne fu felicissima. I vecchi non hanno pudore. Cominciò a parlare della casa che avrebbe voluto darmi, per la mia famiglia. E del ricevimento per festeggiare. Io molto semplicemente invitai Antonio ad uscire da casa mia insieme al suo brillante e a quell’inappropriata dichiarazione d’amore.
- Ma perché? Se hai appena detto che quell’uomo ti piaceva e vi conoscevate da tempo?
- Da quindici anni.
- Appunto. Perché mandarlo via a quel modo?
- Cosa voleva Antonio da me?
- Non ho capito, Rosalba, in che senso?
- Nel senso che ho appena detto: cosa voleva quell’uomo da me?
- Sposarti, te lo aveva giusto chiesto!
- Ma a che scopo?
- Ma come a che scopo?
- Non ci si sposa tanto per fare, lo sai benissimo. Antonio mi ha conosciuta che non avevo 35 anni. Abbiamo vissuto fianco a fianco, giorno dopo giorno, e quando scopre di volermi sposare? Quindi anni dopo. Perché non sei mesi dopo o sei anni dopo? No. Aspetta che ne passino quindici. Aspetta che venga il tempo che gli serve. Poi chiede la mia mano perché mi ama, dice, con tutto se stesso. E io che me ne faccio di quel tutto se stesso?! A quell’età che avevo! Scomodare l’amore, questo è stato l’errore più grave. Così di cattivo gusto…
- Scusa, Rosalba, ma ancora non riesco a capire…
- Cosa voleva da me? A quel punto, sposarmi per cosa? Cosa potevamo fare noi due insieme perché servisse sposarsi? Il matrimonio. Cosa voleva da me? Che gli stirassi le camice? Gli preparassi pranzo, cena e colazione al mattino, che gli portassi il caffè a letto magari. E, poi, sì, certo, li portavo sufficientemente bene i miei anni per essere una gradevole compagnia nel letto, se quello che lo preoccupava era non aver abbastanza resistenza da andare a cercarsi le donne in giro per la città,
quando ne aveva voglia. E io? Perché mai avrei dovuto fargli tutto questo? Cosa aveva da darmi lui in cambio? In cambio dello scempio dei miei anni buttati, dell’umiliazione che mi infliggeva con quel brillante e quella dichiarazione che scomodava un grande amore…
- Ma, Rosalba, è pazzesco! Non è possibile che una donna intelligente come te creda davvero a quello che hai appena detto?
- Cosa mai ci sarebbe di pazzesco nel mio discorso?
- Ma tutto!
- È il tuo punto di vista, di un uomo, in primo luogo, che ha avuto esperienze del tutto diverse. Quanti anni aveva la donna che hai scelto di sposare? Quanto tempo hai aspettato per chiederglielo? Non quindici anni, di certo. Vuol dire che quando hai sposato Anna, che aveva 27 anni da lei e con lei volevi tutto: “con il mio corpo ti onoro”, lo dice la Bibbia, tu leggi il Vangelo dalle suore, conoscerai pure qualcosa della Bibbia, no? E, allora, dimmi: perché Antonio ha aspettato, invece? Perché ha aspettato che fossi troppo vecchia?
- Ma non si è vecchi a 49 anni! E anche lui mi sembra un tuo coetaneo o giù di li.
- Ma una donna a 49 anni, e te l’ho già detto questo con riferimento a me, non è più in tempo per quel desiderio di tutto che tu hai di certo provato per tua moglie e che ti ha spinto a chiederle di sposarti. Io non ero più in tempo per una famiglia e lui ha scientemente aspettato che non lo fossi più. Perché, allora, la beffa della domanda di matrimonio, del brillante, della dichiarazione d’amore? Come pensava di onorarmi? Con l’abbonamento al teatro e le vacanze?
- Non ho nessun motivo per prendere le difese di questo Antonio, non lo conosco né ci tengo più di tanto, per la verità. Però in tutta onestà, Rosalba, per rispetto nei tuoi confronti e della tua intelligenza, devo dire che il tuo ragionamento non regge dal punto di vista di un uomo, per quanto il suo comportamento possa persino non essere del tutto giustificabile riguardo alle tue legittime aspettative. Che abbia mancato di tatto, di intelligenza, persino, sì, sono d’accordo. Ma l’intenzionalità, il progetto ai tuoi danni nella mancanza di rispetto della tua femminilità, lo escludo. Piuttosto, credo che non se ne sia nemmeno accorto. E questo non lo discolpa dalla sua leggerezza.
- A questo punto sono io che non capisco. Dove vuoi andare a parare, Lorenzo? Sembri tenere il piede in due staffe, dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Deciditi, prendi una posizione!
- Non è mica, semplice, ci sono tanti elementi da considerare. Hai tirato in ballo me e, allora, è dalla mia esperienza che comincio. Io mi sono innamorato dell’Anna appena l’ho conosciuta, non c’era tempo che reggesse, me la sarei portata a casa immediatamente, ma non era mica possibile? Non è stata una cosa così sincronicamente reciproca. È vero che da lei e con lei volevo tutto ma non sarei stato capace di farti un elenco di tutto quello che volevo, così, con tutta questa precisione. Posso dirti solo che la volevo anche nel senso che dici tu, fisicamente; i figli, le bambine sono venute - come dire?- per conto loro. Non escludo che come dici tu, anch’io avessi inconsciamente un progetto di vita con lei ma appunto perché inconscio non era così definibile: ora ci sposiamo, poi tra qualche mese ci mettiamo d’impegno a fare un figlio, tra qualche anno un altro, e poi, non so, compriamo una casa più grande… No, Rosalba, almeno da parte mia, non c’era tutta questa razionalità ma non è la parola giusta…
- Consapevolezza.
- Ecco, proprio così, consapevolezza. Io ho solo agito e, fortunatamente, con la persona giusta. Ora, aspetta, che ci sto arrivando, non mi interrompere, per cortesia. Ora, tu mi dirai: ma anche io ero giovane, con tutte le mie cose a posto, ed ero la persona giusta. Perché lui non ha agito? Eh, non è mica facile trovare una risposta ma di sicuro mi sento di escludere quella della sua consapevolezza di dover aspettare che tu non avessi più l’età e non fossi più nelle condizioni per trasformare una coppia in una famiglia. Non metto in dubbio che sia una persona intelligente ma qui, per una cosa così, ci vuole un genio. No, lo escludo. Piuttosto, penso che, forse, abbia avuto paura, paura delle responsabilità che il
ruolo di genitore comporta e non è venuto allo scoperto con te prima di quei quindici anni per non privarti della possibilità di incontrare un uomo che non soffrisse di questa paura.
- Allora, dovrei persino ringraziarlo di questo estremo atto d’amore?!
- Non dico questo, si dice peccato di opera o di omissione, il non agire dà comunque luogo a un peccato. Però non è da escludere che sia andata così o, più semplicemente, Rosalba, si è veramente innamorato di te solo in quel momento e, allora, ha agito di conseguenza e a tempo debito e non lo si può incolpare di un peccato di omissione.
- E l’essersi innamorato di me a quell’età non gli avrebbe imposto una condotta diversa?
- In base al tuo modo di sentire e di ragionare, non necessariamente in base al suo. È stato poco sensibile ma non colpevole.
- Questo non spiega cosa volesse da me? Cosa si aspettasse di ottenere in ragione di quel che andava dicendo?
- Cosa ti aspetti? Cosa mi aspettavo io quando ho chiesto all’Anna di sposarmi? Mah, non è che avessi delle idee chiarissime. Volevo solo stare con lei, averla tutta per me, legata a me. Poi, sai, quando prima facevi l’elenco di tutte le cose che si presume lui volesse da te e in ragione delle quali volesse sposarti… Beh, quando facevi l’elenco, pensavo che io volevo che cucinasse per me. Pensavo che avrei avuto sempre tutte quelle cose che lei sapeva fare e che mi preparava di tanto in tanto, quando ce n’era la possibilità, in quella casa in condivisione. Poi c’erano le cose che io volevo dare a lei… ma per tornare alla tua domanda, la mia risposta è che il tuo ragionevolissimo elenco di motivazioni non regge a giustificare la decisione di sposarsi. E ti dico subito perché, seguendo il tuo elenco. Vediamo… “stirare le camice” che poi sta per occuparti di lui, delle sue esigenze personali. Sono esigenze personali, certamente, ma non tanto personali a tal punto da doversi sposare con la donna cui affidi i tuoi panni sporchi, in senso letterale. Insomma, Rosalba, è molto più pratico prendere una donna a mezzo servizio, che una o due volte a settimana venga a sistemare la casa, fare il bucato e a stirare. Vicino a casa di Anna, a Napoli, ho fatto amicizia con un signore, giovane, sulla cinquantina, un professore, lo vedo sempre in lavanderia, ci porta le sue camice, pur essendo sposato da anni – matrimonio con due figli – perché dice che non vuole essere nella condizione di dover ringraziare sua moglie. Ora, deve essere un gran bel triste matrimonio, il suo, non trovi? Ora, per quell’altra cosa, che dicevi, circa le donne, le donne a pagamento, ti rispondo senza alcun moralismo. Sono cose del tutto diverse quelle che ti aspetti di fare e provare, soprattutto, con una professionista o con la donna che ami, Rosalba. In tutta sincerità, ora, anche se non mi è capitato di farlo finchè c’è stata mia moglie – e tuo fratello mi è testimone -, in tutta sincerità, sono due tipologie di rapporti che possono persino convivere senza entrare in conflitto, se non per una questione moralistica, in una prospettiva maschile, o sentimentale dal modo di vedere di una donna. Ma per un uomo quello che si fa con una professionista è giusto un servizio che acquisti, che non è tanto diverso da un massaggio, per intenderci. Non ti sposi per il sesso o per sistemare il problema del bucato, è molto più facile pagare per questi servizi, a volte, non ti nascondo, che il pagare ti dà, persino, una sensazione di potenza, e non uso questo termine a caso. Ora, il prezzario è molto articolato e ce n’è per tutte le tasche di cameriere e di professioniste. Credimi, sono rimasto vedovo a cinquant’anni e non ho mai sentito l’esigenza di sposarmi, tantomeno per ragioni pratiche.
- Avrai pure ragione. Riconosco che sei stato sincero e lucido nel ragionamento ma io continuo a sentire che sfugge qualcosa e, comunque, continuo a sentirmi defraudata. Perché nessun uomo ha visto in me una donna giusta per desiderarla come moglie?
- Come puoi sapere che nessuno abbia provato questo desiderio?
- Di sicuro non l’ha espresso, che, poi, in termini pratici non fa differenza: quello che rimane in potenza, senza mai diventare atto, non esiste.
- Tutti abbiamo dei desideri frustrati, Rosalba. Prendi me, desideravo e mi aspettavo di invecchiare con l’Anna, sarei diventato vecchio con accanto una donna più giovane, avremmo avuto le figlie vicine e ci saremmo occupati insiemi dei nipotini. Avevo da tempo predisposto tutto per questa vecchiaia che mi immaginavo e desideravo. Mi sarei preso cura di loro fino alla fine dei miei giorni, quando mi immaginavo che avrei lasciato questo mondo, sapendo le mie donne al sicuro, mentre mia moglie mi avrebbe tenuto la mano e magari mi avrebbe dato un ultimo bacio. E, invece, sai bene come è andata.
- Ma hai pur sempre tante cose, esito di quello che avete costruito insieme, per quanto Anna sia morta così prematuramente. Le figlie, un nipotino, esiti meravigliosi del tuo agire, scegliendola e volendola per te. E lei te, naturalmente. Attorno a me cosa c’è della vita che sia solo mia? Tutto quello che ho è l’esito dell’agire nella vita dei miei genitori: la memoria dei miei fratelli, le mie nipoti, le figlie di Alberto, e persino Faustina è esito della vita di mia madre.
- Non posso credere che tu non abbia da raccontarmi tante cose legate alla tua vita, alle tue amicizie, ai viaggi, ai tuoi studenti? Hai insegnato per tanti anni e sono certo che hai inciso nella vita di tanti ragazzi e ragazze, sono sicuro che vieni nominata ogni minuto da tanti di loro…
- Sì, ma questa è la vita professionale, importante quanto vuoi, ma non esaustiva. Per una donna non è come per un uomo, Lorenzo, credi a me e non alle sciocchezze che vanno contando le femministe! Siamo diversi. Differenti, uomini e donne. Profondamente. La nostra biologia si riflette nel sistema di valori, nelle prospettive, nella scala delle cose importanti. Una donna sente fortissimo il bisogno di procreare che non è semplicemente creare, nemmeno Dio, nonostante la sua onnipotenza, riesce a fare altrettanto. Produrre la vita dentro di sé, con l’ausilio dell’uomo certo, ma è nella donna che i principi vitali diventano una vita nuova, autonoma e diversa. È nella donna che trova nutrimento e riparo per formarsi, svilupparsi e venire al mondo. Tutto avviene qui dentro. - E si tocca il ventre con le mani aperte, l’una sull’altra. - E poteva avvenire anche dentro di me. Ma mi è stato negato: dalla pusillanimità di Antonio, forse, o dalla debolezza del desiderio di altri uomini rimasti nascosti, o dalla volontà di Dio. Sono rimasta una donna marginale nella vita delle persone che conosco. Sono di fatto una donna ai margini della vita, come se fossi una spettatrice attenta e competente del genere di spettacolo cui assiste con partecipe accanimento, sebbene non le sia mai consentito di prendervi parte attiva, di svolgere il suo ruolo pure lei.
E affonda due volte di seguito la forchettina in quel che rimane della fetta di cassata, inghiottendo nervosamente i bocconi. Lorenzo è senza parole. Capisce che non c’è niente da controbattere, che in qualche modo, anche se non in maniera oggettiva e comunque in maniera sostanzialmente parziale, Rosalba ha ragione. È una ragione tragica la sua, aggravata dal dolore che non si riconosce mai ai forti. E Rosalba è forte, e rafforzata agli occhi altrui dalla sua scorza, dalla ruvidezza dei modi, dall’ironia graffiante delle sue frasi. Ma gli viene in mente un’ultima forma di contraddizione, un ultimo argomento.
- Hai ragione. Hai ragione tu. Non ci sono scusanti, non è possibile attenuare il tuo dolore. Hai ragione. Solamente una cosa, permettimi di dirla, Rosalba. Quest’uomo ti sta accanto, nel modo che imponi tu, che non è per niente facile, da quasi vent’anni. Non può esserci che un solo motivo: tu sei tutto per lui. La vita non è passata attraverso di te come avresti voluto, nel modo fondamentale delle donne. Ma tu sei la vita per quest’uomo.
Gli occhi di lei luccicano e sono puntati in quelli di lui, come a prendere la mira.
- Ci ho pensato anch’io che poteva andare così. Non aver dato la vita ma essere destinataria di un amore assoluto come per una forma di compensazione. Ma questo lo avrei accettato, se ancora giovane, avessi scoperto di non poter avere figli. Un amore che arriva da postmestruata, che poteva procreare, non deve essere assoluto. Non deve. Quello che ricevo mi fa rabbia.
Paradossalmente, l’uomo capisce queste ultime affermazioni, finalmente cariche di commozione. La corteccia di Rosalba si è spaccata. È ormai senza pelle. Ci voleva tutto il dolce della cassata per arginare quel nucleo d’amaro pronto a tracimare in ogni momento.
L’altra forchettina è rimasta inutilizzata.


Su Annarita Lamberti
Annarita Lamberti (1971) insegna Lettere in un Liceo napoletano. Esordisce nella scrittura scientifica, dedicandosi per anni alle ricerche di geografia politica e umana con un approccio culturale e post-coloniale sulle tematiche urbane e sul rapporto tra letteratura e geografia. Nel 2005 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Geografia dello Sviluppo all'Università “L’Orientale” di Napoli, discutendo una tesi sul rapporto tra arte e sviluppo urbano a Tel Aviv. Ha insegnato all'Università di Bergamo e ha pubblicato numerosi articoli su riviste scientifiche. Nel 2014 ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale a professore di seconda fascia in Geografia. La sua passione per la letteratura l’ha portata a riscoprire i classici e a scrivere narrativa. OXP ha già pubblicato alcuni suoi racconti brevi.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.

La chiave falsa, di Annarita Lamberti (I Coltelli, 2018)