Squarci | giovedì 14 giugno 2012

Vincenzo Cioffi

Colui che fece per viltade il gran rifiuto

“Maledetti Giudei!”
Non trovo pace, ogni giorno c'è un nuovo problema. Mi mancano i paesaggi della mia terra. La lontana Sannia, i monti boscosi, la frescura delle ore pomeridiane passate nelle macchie di arbusti dove il vento soffiava l'aria salmastra marina. Agrippina, bella e fuggevole, i nostri giochi tra l'erba ancora bagnata di rugiada, fresca sulla pelle nuda dei calzari. Prenderla contro un albero, in piedi fissandola negli occhi. La villa di mio padre, l'Atrium pieno di clienti che aspettavano che lui scendesse per la colazione e rendergli omaggio. Livio, il mio valletto, fedele compagno di molte folli imprese ai danni delle vicine. Come satiri inseguivamo le fanciulle che si bagnavano nel lago, e se proprio la caccia andava male, mi consolavo con lui, la sua carne giovane, i muscoli guizzanti e la pelle arrossata dal sole. Le gite a Roma. La frenesia della città, con la rabbia degli spettacoli al Colosseo e l'opulenza dei banchetti e la lussuria proibita dei baccanali. Forse tutto questo mi aveva spinto a scegliere di intraprendere il cursus honorum equestre. Forse Curzio, quando mi raccontava le storie dell'esercito, dopo che mi aveva preso come solo un legionario in astinenza può fare. Appena ebbi l'età mi fu dato il comando di un reparto di fanteria, ed iniziò tutto.
“Maledetti Samaritani!”
Ora stavo qua in questo posto orribile, con la calura e gli insetti a farmi da compagnia. Questi barbari color dell'orzo mi stavano facendo perdere la testa. Le loro scempiaggini sull'unico Dio, su di un condottiero invincibile che manderà e altre scempiaggini simili. Barbari senza midollo. Le avevo provate tutte con loro, avevo tollerato quel culto ridicolo a patto che rendessero omaggio anche all’Imperatore, ma niente. Uno stuolo di saggi dalle lunghe barbe aveva iniziato a protestare. Ero passato, allora, alle maniere forti sequestrando i loro beni per finanziare le opere pubbliche, ma mi era stato rimproverato di essere troppo severo, che la terra in cui stavo era un calderone bollente e quindi dovevo tenere buoni i selvaggi del posto. Ora ogni giorno si presentavano qui con le loro toghe lerce ad avanzare proposte e proteste. Avevo smesso di ascoltarli. Ogni volta che attaccavano con quella loro lingua che sembrava essere una enorme sequenza di scatarri, io partivo con la mente e tornavo alle mie terre. La mia strategia era semplice. Fingevo di assecondarli e gli davo ragione, poi quando mi sollecitavano fingevo un qualche impedimento burocratico dalla capitale. A Roma, invece, avanzavo le loro richieste esagerandone ogni punto in modo che il Senato non accettasse e iniziasse a provare sempre più odio nel confronti di quei dannati. Passavo i giorni nei miei alloggi aspettando che qualcosa accadesse e ogni volta che accadeva qualcosa cercavo di evitare che mi creasse eccessivi problemi.
“Prefetto, abbiamo una richiesta da parte dei saggi!”, la voce di Massimo mi giunge dalla sala principale. Mi alzo lentamente e mi trascino fino alla sala contigua, dove esercitavo le mie mansioni. Quale potrebbe essere questa volta la richiesta? Non me ne importa minimamente e tanto meno ho intenzione di applicarmi a risolvere qualche altra scaramuccia idiota.
“Cosa abbiamo oggi, Massimo, qualche altro problema al tempio forse?”
“No prefetto, hanno bisogno di una sentenza, vogliono che tu giudichi uno di loro, dicono che ha peccato contro la loro fede.”
“Cosa importa a noi della loro fede? Non è affar mio se la sbrighino da soli!”
“Dicono che è una minaccia per l'Impero.”
“Un giudeo che minaccia Roma, chi è costui? Forse un nuovo Ercole?”
“Così dicono i saggi, a me sembra innocuo.”
“Vediamo, fate entrare i saggi.”
Eccoli che incominciano a borbottare, hanno un connaturato tono di voce che si presta alla lamentela. Costui ha rotto l'equilibrio del tempio...bla...bla...bla. Costui ha detto di essere figlio di Dio...bla...bla...bla. Costui si proclama il re dei re bla...bla...bla. Basta adesso è davvero troppo.
“Quale pena volete per lui quindi?”
“La crocifissione, come nemico di Roma.”
“Fate quello che desiderate di questo Gesù il nazareno. Io me ne lavo le mani!”


Su Vincenzo Cioffi
Originario di Vico Equense. La passione per la scrittura gli deriva da un amore senza limiti per la lettura. Era ed è un lettore sfrenato, ma a un certo punto leggere non gli è più bastato. Voleva creare un proprio mondo, con i suoi personaggi e le sue regole. Negli anni ha cercato di affinare le proprie capacità confrontandosi con amici che condividevano la sua stessa passione.

Sulla rubrica Squarci
Se la scrittura si serve di aghi e coltelli, se punge e lacera, se ogni pagina apre un varco in mezzo all'ovvio e al non detto, se la ragione ha bisogno di attimi di illucidità, se ogni testo si apre su un paesaggio interiore, se è un buco della serratura da cui spiare il mondo, se duole, se è una lama nella carne, se è una trama interrotta in un punto a caso, se la narrazione si spezza come un canto, se è una dissonanza, se semplicemente siete curiosi di sapere chi siamo. Estratti, ferite, fenditure di scrittura, un modo per sentire i nostri silenzi e leggere tra le righe di ciò che abbiamo in cantiere.