Katàba! Ragionamento in giallo
Giangaetano Bartolomei
Un professore fiorentino compera un quadretto, di un pittore tedesco del Settecento, perché colpito dalla sua atmosfera inquietante. Scopre che è un falso (lo aveva subito intuito) e che contiene un messaggio criptato. Il falsario napoletano è stato assassinato, e la sua amante, destinataria del messaggio, è precipitata da un balcone…
Elena, un’amica del professore, rivelerà una verità imprevedibile. L’azione si svolge tra Firenze, Napoli, Pisa e Roma.
Su Giangaetano Bartolomei
Giangaetano Bartolomei è nato a Napoli, poco prima che l’Italia entrasse nella guerra mondiale (la seconda). E’ scappato da Napoli, scalzo e lacero, mentre piovevano le bombe degli Inglesi. Si è rifugiato a Verona, dove presto cominciarono a cadere bombe anglo-americane. Finite le bombe, finita la guerra, è rimasto nel Veneto (Verona e Venezia) fino al 1967. Poi la sorte lo ha riportato a Napoli, dove ha anche iniziato la carriera accademica, insegnando all’Orientale. E’ venuto poi il suo trasferimento a Firenze (dove vive tuttora) e trentacinque anni di insegnamento nell’Università di Pisa. Nel 2004 è riuscito finalmente ad andarsene in pensione e a dedicarsi soltanto alla scrittura. Chissà se è stata una buona idea. Ha prenotato, da anni, un posto nel Cinerarium del principale cimitero di Firenze, perché di là si gode una magnifica vista sulla vallata. Starà in buona e gioviale compagnia.
Fuori Collana
Testi singolari, capaci di incantare senza necessariamente appartenere.
Katàba! si presenta come un giallo atipico. Il protagonista, professore universitario amante dell’arte e degli autori francesi del ‘700, non è un esperto del crimine, ma un detective “per caso”che, partendo dall’improvviso – e apparentemente immotivato – interesse per un quadretto nel quale si è imbattuto, scopre non solo come il quadro sia misteriosamente connesso a ben due morti “irrisolte”, ma anche l’autore di un delitto.
Come tutti i detective che si rispettino, il protagonista ha il suo “Watson”: Elena, anche lei docente universitaria, appassionata di mitologia greco-romana e abile enigmista. E in questa passione è la chiave di lettura del romanzo: tutto ciò che concerne il “crimine” è già avvenuto oramai da un anno, e al lettore non vengono riservate, in questo senso, sorprese o colpi di scena. I due “detective per caso” avviano un’indagine parallela a quella ufficiale portata avanti dalla polizia e non si servono degli strumenti “tipici” di indagine. La loro è, piuttosto, la risoluzione di un rebus, di una sciarada, cui arrivano grazie ad un tipico ragionamento “induttivo” su indizi e “prove apparenti” nei quali i due si imbattono, un po’ fortuitamente e un po’ seguendo il loro “fiuto” – indizi e prove sui quali, invece, l’ispettore Lopestri non è mai riuscito a mettere le mani.
Si tratta, insomma, di un “giallo intellettuale”, cosa di cui, del resto, lo stesso autore è consapevole, come si evince dal sottotitolo: “ragionamento in giallo”. Ma Katàba! è essenzialmente un giallo napoletano, come napoletano in esilio è il suo autore.
C’è, in Katàba!, una Napoli vista ed amata con lo sguardo nostalgico e un po’idealizzante dell’emigrato, ma anche colta negli aspetti più toccanti di quell’intreccio di amore e morte che fa parte della sua anima antica.Recensione